Regia di Kenneth Anger vedi scheda film
Un romantico rito di amore, gioia, dolore e morte, immerso in una colata blu di luce lunare. Alla grazie ritmica del carillon si unisce la candida espressività del mimo, in una danza a cui lo zampillio delle emozioni conferisce un passo a tratti saltellante, a tratti fremente e tentennante. La notte è il regno delle fate, della solitudine e dei sogni, in cui la storia può liberarsi dai ridondanti accidenti del giorno, per ricondursi al semplice simbolismo delle favole e alle elementari movenze delle marionette. Le maschere, come nel teatro giapponese, sono la veste, insieme popolare ed infantile, dei nostri sentimenti, universali e primitivi, in cui tutti subito ci riconosciamo, e che sono il terreno vergine da cui scaturisce la poesia: nulla è nuovo od inventato, in questo "Rabbit's Moon", che sembra voler soltanto mettere a nudo, attraverso la metafora della radura, quella chiazza di deserto in fondo all'anima che ci accomuna tutti, perché quello è il luogo nascosto e luminoso in cui tutti siamo, allo stesso modo, splendidamente spogli.
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