Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film
Tarantino riscrive la Storia così come l’avremmo voluta, il bene trionfa e i cattivi hanno la giusta punizione
In una fabbrica di sogni (e il cinema lo è) può anche capitare che Hitler, Goebbels, Goering e Bormann decidano tutti insieme di ritrovarsi, con altri 350 nazisti di provata fede, a festeggiare un filmetto di quelli che al Ministro della Propaganda tanto piaceva produrre sulle glorie nazionali e gli eroi di pura razza ariana.
Può anche succedere che in quella sala convergano due complotti, che si ignorano fra loro ma si potenziano a vicenda nel condurre felicemente a termine la “soluzione finale”, ma stavolta con nazi arrostiti in un gran falò.
Un perfetto War Movie with a Vengeance, questo film, in cui la Storia (e che Storia) diventa il pretesto per una costruzione metalinguistica che mescola registri e generi, e arriva ad un prodotto perfettamente sui generis, drammatico ed esilarante, iperrealista e onirico, commedia e tragedia, fiction cinematografica e teatro insieme.
Tarantino riscrive la Storia così come l’avremmo voluta, il bene trionfa e i cattivi hanno la giusta punizione, e per far questo mette in campo un repertorio di trovate geniali, grottesche, eccessive, fedele alla sua cifra stilistica, fuori da schemi prevedibili, denominatore comune il suo amore assoluto e viscerale per il cinema, sempre e comunque.
Film sinfonicamente diviso in cinque movimenti (con didascalie che illustrano i passaggi), parte con Once Upon a Time in Nazi Occupied France, dove domina la scena il colonnello SS Landa (Christoph Waltz, allora poco conosciuto attore austriaco pre-Carnage) perfida serpe, cacciatore di Ebrei a cui sfugge Shosanna (Mélanie Laurent) bionda e severa fanciulla che riappare nel terzo movimento,German Night in Paris, proprietaria del cinema ereditato dagli zii a Parigi qualche anno dopo.
La bionda fanciulla sta in cima ad una scala per sostituire Pabst alla Riefensthal nella programmazione dei film sul grosso display all’ingresso del locale quando entra in scena Wilhelm, soldatino tedesco di razza purissima, eroe nazionale, pupillo di Goebbels, che ha fatto di lui una star del cinema al servizio della patria (dopotutto, il bravo e meritevole giovane ne aveva fatti fuori la bellezza di trecento, appostato sulla torre a fare il cecchino!).
La francesina (tale almeno Shosanna risulta diventata con qualche abile ritocco sui documenti) colpisce al cuore il sano virgulto della Hitler Jugend, lui decide di conquistarla a tutti i costi, e così la prima del suo film/kermesse alla presenza dei papaveri di regime si proietterà nel piccolo cinema della ragazza invece che in una sala prestigiosa.
Lei, abile, determinata e impunita quanto basta, coglierà la grande occasione per tessere una vendetta troppo a lungo rimandata (chi nel frattempo ha perso il filo della complicata storia riavviluppi il nastro fino a Once Upon a Time in Nazi Occupied France e ricorderà tutto).
Trattandosi di problemi legati alla razza, spunta pure un improbabile macchinista del cinema arrivato direttamente dall'Africa e il quadro è completo (non si fa mancare niente Tarantino, enfant terrible!) che avrà l’onore di appiccare il fuoco quando scatterà l’ora X della vendetta.
E i Basterds? Arrivano, come i nostri, nel secondo capitolo, Inglorius Basterds, appunto.
Quella sporca dozzina adesso è diventata otto, soldati americani guidati da Aldo Raine (un Brad Pitt italianizzato, che parla dialetto siciliano e mangia gustosi panini mentre gli amici scalpano i nazisti).
Combattono con una sola mira: uccidere almeno cento nazisti a testa e togliergli lo scalpo.
E’ la parte migliore del film e si aggancia con perfetto click al quarto movimento, Operation Kino, dove l’intrigo internazionale procede, si complica, s’infittisce ma … un po’ l’accento dei protagonisti che sembrano tedeschi tanto quanto un nero in un igloo sembra un eschimese, un po’ la gestualità non esattamente teutonica, salta tutto e allora sembra di essere in un saloon da spaghetti western quando si tirano fuori le pistole.
Ma al cinema tutto può succedere, i sogni non muoiono all’alba e l’operazione The Revenge of the Giant Head arriverà lo stesso al suo glorioso coronamento.
Tra una citazione e l’altra (un delizioso Hitler che sembra sbarcato fresco fresco da Syberberg è davvero il massimo) Tarantino crea il suo capolavoro, o almeno così dice di sè, in chiusura, Brad/Aldo, mentre sta incidendo una bella svastica col coltellaccio sulla fronte dell’ SS Landa (l’ultimo dei cattivi) perché, dice, l’uniforme si può bruciare, ma un tatuaggio del genere no, ti segna a vita.
Che basterd!
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