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Scènes de crimes

Regia di Frédéric Schoendoerffer vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Scènes de crimes

di degoffro
6 stelle

Il polar è un genere che va gestito con una certa attenzione e perizia, perché si basa su caratteri e su situazioni ben codificate che facilmente possono risolversi in stereotipi e luoghi comuni, mandando all’aria anche le migliori intenzioni. Forse non è nemmeno corretto parlare di polar a proposito di “Scènes de crimes” esordio alla regia di Frédéric Schoendoerffer, più assimilabile in realtà al classico moderno thriller all’americana sia nell’impostazione piuttosto rigorosa e realistica delle indagini (la ricerca di un brutale assassino seriale) sia nelle ambientazioni sia, purtroppo, nelle soluzioni scelte e nella definizione dei personaggi. In particolare ci sono due sequenze (il personaggio di Dussollier balla ubriaco in mutande, quello di Berling rimorchia una prostituta) che dovrebbero esemplificare con asciuttezza la condizione di spaesamento, disagio e malessere dei due protagonisti, poliziotti alle prese con un caso complesso, ma che si rivelano fasulle, artificiose, fin troppo calcolate e piazzate un po’ a caso, senza una vera coerenza narrativa e senza una necessaria convinzione. I due protagonisti finiscono così con l’essere convenzionali e piuttosto incolori, definiti con una certa superficialità ed approssimazione, nonostante l’innegabile bravura degli interpreti. Schoendoerffer, anche sceneggiatore con Olivier Douyère e Yann Brion (con lui hanno firmato anche il successivo “Agents secrets”) sa incuriosire con una messa in scena energica, dettagliata e di buon respiro, costruisce un intreccio per tre quarti avvincente, crudo, realistico e cupo, salvo poi sbrodolare in un finale mediocre e rattoppato, troppo deludente ed insignificante per essere vero, senza parlare dell’ultima immagine con la famigliola felice che passeggia sulla spiaggia, trionfo della peggiore e più irritante ipocrisia. “Scénes de crimes” tenta una difficile commistione tra l’autorialità europea e la spettacolarità americana, come molti analoghi prodotti tra cinema (il sopravvalutato ma ben più fortunato “I fiumi di porpora” è dello stesso anno) e tv d’oltralpe (ogni riferimento alla serie “Braquo” di cui Schoendoerffer ha diretto gli ultimi quattro episodi della prima, ottima, stagione è voluto). Un’ambizione interessante che merita di essere sostenuta, ma in questo caso il risultato, pur dignitoso, è freddo e disomogeneo e non mi pare all’altezza delle aspettative, non discostandosi di molto, a conti fatti, da un qualsiasi abituale e monotono thriller americano stile “Il collezionista”. Così Les Cahiers du Cinéma: “un esercizio di stile troppo scolastico, talvolta brillante, talvolta vuoto e noioso e che soprattutto manca singolarmente di anima”. Giudizio pienamente condivisibile. Candidato ai César come miglior opera prima si è dovuto arrendere a “Risorse umane” di Laurent Cantet. Voto: 6

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