Regia di James Watkins vedi scheda film
Pur mettendo in luce qualche evitabile svarione, Eden lake rientra in quella – ristretta - casistica di film che non passano inosservati. I motivi sono molteplici e vanno da mirabolanti scelte di casting, talmente in anticipo sui tempi da agevolarne il recupero, a un’adesione sociale che brucia e genera una rabbia spasmodica per come visualizza le piccole comunità e, più in generale, quella protezione del proprio orticello di dimensioni tali da prevaricare qualsiasi concezione di giustizia.
Steve (Michael Fassbender) e Jenny (Kelly Reilly) costituiscono una coppia felice che sceglie un luogo isolato per una breve vacanza d’amore. Arrivati sulle sponde di un lago lontano dal baccano di tutti i giorni, vengono disturbanti da una banda di ragazzini insolenti.
Basta un richiamo per scatenare una ritorsione, con il capobranco Brett (Jack O’Connell) intenzionato a perpetrare la peggiore delle vendette.
Chi lo dice che il cinema horror sia privo d’insegnamenti? Penso che chiunque sia avvezzo al genere sappia ormai che è meglio evitare i luoghi appartati e che, in seconda battuta, i bocconi amari vanno deglutiti per non andare incontro a ripercussioni, anche se la maleducazione è dura da accettare e potrebbe spingere a reazioni impulsive.
Premesso che nessuna formula di comportamento garantisce la tranquillità assoluta, Eden lake è emblematico nel descrivere certe conseguenze e assume la forma di thriller/slasher senza mostrare alcuna titubanza o pietà.
Fa giusto ricorso a qualche escamotage di troppo, correndo il rischio di essere ridicolo ma James Watkins - in seguito regista di The woman in black e Bastille day - ha obiettivi ben chiari e vuole arrivarci ad ogni costo, pur facendo ricorso a qualche approssimazione, in buona sostanza perdonabile.
Così, se è innegabile ci siano alcune scelte avventate, crea un conflitto ustionante, distingue nettamente il bene dal male, creando una divisione tale da produrre partecipazione morale (in sintesi, vorremmo vedere questi ragazzini tutti al rogo) in un clima(x) da survivor.
Dunque, tifi ben sapendo di non avere molte speranze di vittoria, ma ci speri, mentre il substrato sociale di provincia, trucido e indulgente (solo) con se stesso, fa il suo corso, con ampio ricorso alla violenza e al lerciume.
L’angoscia non molla mai la presa e le interpretazioni sono anni luce distanti dal classico horror. Il casting ha avuto una vista più che oculata, scegliendo come protagonisti tre grandi interpreti, ai tempi praticamente sconosciuti: Michael Fassbender è pronto al martirio e Kelly Reilly si attacca alla vita in ogni modo, mentre Jack O’Connell pare già pronto per finire nella prigione de Il ribelle – Starred up (con il cinema che sembra comunicare).
Tre presenze che - almeno oggi - non possono che stuzzicare la curiosità, mentre il finale, seguendo il motto sono solo ragazzini, è degna sintesi di un procedimento spietato e da reazione a catena, che tiene incollati allo schermo, incrementando il disgusto, parlando di fatti nefasti che ormai ci stiamo purtroppo abituando a leggere nelle colonne di cronaca nera.
Raggelante ed efficace, al netto di qualche azzardo di troppo.
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