Regia di Jane Campion vedi scheda film
La Campion ordisce un tessuto narrativo di raffinate variazioni cromatiche e struggente trasporto lirico, evocando il compendio di una intera esperienza letteraria nel canto del cigno di una vicenda amorosa osteggiata e impossibile e per questo ancora più significativa ed emblematica.
A causa delle sue cagionevoli condizioni di salute e della miseria di quelle economiche, il giovane poeta inglese John Keats viene accolto nella residenza estiva dell'amico e mecenate Charles Brown. Quando conosce e si innamora di Fanny Browne, sua coetanea e vicina di casa che vive insieme alla madre vedova e ai due fratelli più piccoli, la sua relazione è apertamente osteggiata tanto dall'amico quanto dalla bigotta società vittoriana legata a stringenti convenzioni sociali e classiste. Solo la morte precoce del poeta riuscirà a separarli.
Continua con questo biopic di uno dei più importanti poeti romantici inglesi tanto osteggiato in vita quanto celebrato dopo la morte, la galleria di originali ed eccentrici ritratti femminili dell'autrice australiana Jane Campion, interessata ad una raffinata ed elegante ricostruzione d'ambiente che, grazie all'intensità del registro ed alla sincerità dell'ispirazione, si tiene a debita distanza dal rischio sempre concreto della maniera e del calligrafismo di questo genere di produzioni. Tessendo la trama di un avvicinamento emotivo sempre in bilico sul rischioso crinale dell'ostracismo sociale della bigotta società vittoriana, la Campion ordisce un tessuto narrativo di raffinate variazioni cromatiche e struggente trasporto lirico, evocando il compendio di una intera esperienza letteraria nel canto del cigno di una vicenda amorosa osteggiata e impossibile e per questo ancora più significativa ed emblematica. Se gli elementi drammaturgici seguono una certa convenzionalità nello sviluppo della storia e dei personaggi, con un amico e mecenate rappresentato come il Salieri della situazione (falso storico facimente dimostrabile) ed una innamorata assurta al rango di sublime musa ispiratrice (verità postuma emersa dal carteggio tra i due), la Campion pone l'accento sulla verità umana dei suoi protagonisti quali solitudini che si incrociano nella breve ed intensa stagione di un volo di farfalle uccise troppo presto dal sopraggiungere del rigido inverno della vita. Sullo sfondo di una serie di quadretti familiari e paesaggistici, tratto distintivo della sua poetica figurativa, l'autrice agita le questioni che danno corpo storico al dramma sentimentale dei giovani amanti: dall'emancipazione femminile della Londra di inizio '800 (la madre vedova e tollerante, la figlia indipendente e coraggiosa) alle insormotabili barriere classiste, dalle ostilità di una critica reazionaria al consesso accademico di filantropi letterati ma ricercando una difficile misura del racconto nella sinestesia tra l'ispirazione romantica dell'opera di Keats e le mutevoli forme dello splendido paesaggio della campagna inglese, nel suo inesorabile digradare dalle tiepide tenerezze dell'Estate all'implacabile rigore dell'Inverno e riproponendo la classicità di una tradizione melodrammatica che aveva già ispirato un'altro cantore alloctono come Polanski nello struggente dramma di Thomas Hardy quasi quarant'anni prima (Tess - 1979). Splendida la fotografia di Greig Fraser (premiato ai British Independent Film Awards 2009) ed i costumi (nomination per Janet Patterson agli Academy Awards 2010) e casting azzeccato con un Ben Whishaw melanconico e dimesso quanto basta ed una dolcissima e virginale Abbie Cornish che riesce ad essere bella persino in gramaglie. Presentato in concorso al 62º Festival di Cannes.
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