Regia di Jane Campion vedi scheda film
«Qui giace un uomo il cui nome fu scritto nell’acqua», epitaffio sferzante del poeta romantico inglese John Keats contro la critica che stroncò le sue opere, Poesie ed Endimione, raccolte di liriche catturate nello slancio verso la bellezza irraggiungibile come l’amore incompiuto per Fanny Brawne (Abbie Cornish), la ricamatrice ossessiva, poetessa del lino bianco traforato, incontrata a Hampstead, nella casa di campagna a nord di Londra. Ed è il suo sguardo desiderante che Jane Campion (Palma d’oro 1993) predilige e che disegna il profilo di Keats (Ben Whishaw), fragile corpo senza riparo né dai tempi storici – l’industrializzazione montante, siamo nel 1819 - né da quelli atmosferici. Keats morirà di tubercolosi all’età di venticinque anni, poverissimo (suo padre è stalliere), non possiede neppure un mantello, e a nulla servirà strapparlo alla neve inglese come farà l’amico poeta Percy B. Shelley, che lo invita a Roma, dove il poeta volerà via il 23 febbraio 1821. Una Piazza di Spagna vuota e solenne accompagna la bara di Keats sullo sfondo di Trinità dei Monti. Campion evita la biografia e cattura la sensualità della relazione tra John e Fanny, ballata romantica tra prati monocromatici di fiori, allucinazioni virate nel color lavanda. Torna l’erotismo di Lezioni di piano, la lenta perforazione del tessuto nelle mani di Fanny, la musa dimenticata che si riprende la scena e un posto tra i versi del poeta. Il film è scandito dalle lettere che la ragazza, febbrile Adéle H., invia all’amato, sotto sorveglianza di un beffardo e geloso compagno di lavoro, Charles Brown (Paul Schneider). La “stella luminosa” è Fanny, la sposa impossibile (lui non ha risorse) capace di estrarre sinfonie dal muro che li divide (abiteranno per un periodo nella stessa casa) e di interpretare il suo alter ego. Fanny vive in simbiosi con Keats, gioca con lui, scambia sorrisi, baci segreti, e quegli intarsi assurdi, abiti plissé, giacchette militari rosso fuoco che si confeziona per stupirlo ogni giorno, per essere lei stessa verso cangiante sul foglio di carta. Bright Star (in concorso a Cannes 2009) è poema aperto, un film senza inizio e senza fine. Campion pensa a Keats ma soprattutto al suo cinema, sospeso, sempre, in un sublime tempo emozionale.
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