Regia di Marco Amenta vedi scheda film
Dimentichiamo Rita Atria e pensiamo ad una qualsiasi adolescente siciliana che si ribella prima di tutto alla sua realtà provinciale e mafiosa, costruendosi una normalità in cui il padre e il fratello sono uomini buoni e i cattivi sono solo quelli che li hanno uccisi. Dopo la morte del padre la ragazza decide di scrivere tutto quello che fanno gli assassini del genitore aspettando insieme al fratello il momento della vendetta. Dopo la morte del fratello decide di rivelare tutto allo stato diventando una collaboratrice della giustizia. Il regista parte dalla storia privata di Rita ma poi costruisce una Storia nella quale molte siciliane si sono trovate e si trovano ad affrontare senza avere il coraggio ma anche la volontà di tradire i propri uomini arrivando fino al punto di negare le colpe della propria famiglia criminale. Alla fine Rita capirà la differenza tra uno stato che quando funziona fà giustizia e la mafia che non può che eliminare fisicamente i propri nemici o gli ex-amici. Alla fine Rita capirà che se vuole giustizia deve accettare il fatto di far parte di una famiglia mafiosa e che suo padre e suo fratello hanno ucciso e hanno spacciato droga come gli altri. Alla fine Rita capirà che non potra avere una vita normale, un amore normale, i suoi amici sono morti ma lei ha capito di non voler essere come le altre donne siciliane omertose, subordinate e luttuose.
Amenta realizza un film intenso,che se mi passate il paragone letterario guarda più al pessimismo soffocante dei racconti di Sciascia che alla cronaca pura di un libro di Travaglio.
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