Regia di Krzysztof Zanussi vedi scheda film
Rispetto al film “La vita come malattia sessualmente trasmessa”, dedicato alla vecchiaia, la malattia e la morte, questa seconda parte è una sorta di controcampo sulla giovinezza, l’amore e la vita., quegli aspetti della storia che nella prima parte erano rimasti in ombra. Questo “Supplemento” chiude il cerchio della riflessione cosmica di Zanussi, rivelando quei retroscena che completano il senso della tragedia del dottor Berg. Nel continuare la sua analisi, egli, nonostante i numerosi riferimenti alla religione, non divaga mai dalla prospettiva umana, o, meglio, individuale, dentro cui si consuma l’unico vero dramma dell’esistenza, che il riassume tutti: il dramma di non capire, o di capire troppo tardi, e di sentirsi, quindi, costantemente impreparati agli eventi della vita. Da un lato, la giovinezza è il regno delle infinite possibilità e del tempo illimitato, che, però, troppo facilmente si brucia tra occasioni sprecate e scelte estreme. La vecchiaia, per contro, porta con sé la saggezza che, purtroppo, non si ha più l’opportunità di applicare e far fruttare. In questo contesto si chiariscono anche il ruolo di Dio ed il significato della fede: essi sono i punti di riferimento, l’uno personificato, l’altro astratto, di una immaginaria dimensione ultramondana, dove sono conservate le risposte ai nostri perché irrisolti. Allora “credere” all’esistenza dei custodi delle verità ultime è l’alibi che, nella nostra coscienza, supplisce alla nostra incapacità di raggiungerle. Tuttavia Zanussi non ci concede il beneficio di adagiarci su questa fittizia certezza di comodo; e, invece, ci tempesta di domande profonde ed ineludibili, alle quali siamo chiamati a dare risposte nostre, provenienti dall’intimo del nostro essere, senza deleghe, né intermediazioni esterne. È più che mai salutare, allora, abbracciare la terrestrità, accontentarsi, come Andrzej, di vivere l’oggi, piuttosto che perdersi, come Filip, nella folle rincorsa dell’invisibile ed inafferrabile. Gli scopi ignoti ci allontanano da noi stessi, e non c’è, là fuori, un remoto baluardo trascendente a cui aggrapparci. Perché tutto ciò che esiste è qui, dentro di noi. “L’uomo HA l’anima.” E, d’altronde: “Non è necessario capire tutto. Ma va tutto bene.” Una conclusione che mette d’accordo tutti, laici e credenti. Una morale grandiosa.
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