Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Capolavoro. Devo anche precisare che io avevo abbandonato Eastwood da “Gli spietati” in poi, perché lo ritenevo troppo crudo e troppo violento (e credo ancora che lo fosse). Qui cambia registro,
e compone un film straordinario, sia cinematograficamente che quanto a contenuti e messaggio. Credo anche che il personaggio rispecchi molto il vero Clint, con le sue domande e i suoi drammi interiori. Il duro – che sotto sotto ha però un cuore tenero – compie qui una serie di esperienze ravvicinate, che gli fanno fare un necessario e doveroso cammino umano e spirituale. Mi pare di aver sentito che il regista sia ateo, o che almeno stia cercando la fede; tuttavia la rappresentazione della crisi spirituale del personaggio è quanto mai ben fatta e puntuale: riconoscimento della propria miseria e delle proprie ferite, come pure del male compiuto nel corso di tutta la vita, confessione, e sacrificio di sé per la salvezza di altri. In pratica, dall'essere rinchiuso e ripiegato su se stesso, giunge ad aprirsi e persino al più grande gesto di altruismo. Tra l'altro muore in una posizione che ricorda il Cristo crocifisso. La sporca guerra di Corea gli ha insegnato che uccidere, tanto più se per vendetta, è un'azione senza ritorno che ci abbruttisce dentro, di cui ci si porta il peso dietro per tutta la vita. Per questo vuole a tutti i costi che il ragazzo eviti questa trappola, e nello stesso tempo che giustizia sia fatta. Rispetto alla tematica morale ed esistenziale, quella dell'accettazione degli stranieri e per l'abbattimento dei pregiudizi – che pure c'è - è in fondo secondaria.
Molto efficace è anche la rappresentazione dei personaggi secondari, come i figli e ancor più la nipote adolescente (mamma mia quanto ha colto nel segno!). Solo i maestri sanno dipingere con tanta precisione caratteri con così pochi tratti.
Un grande film, che fa riflettere e ha anche molto da insegnare.
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