Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
L'imperturbabile maschera facciale di Clint Eastwood si deforma in una smorfia di rabbia e di disprezzo, inventando l'icona piccolo-borghese dell'odio irrazionale che si dispensa, in egual misura, a chi ci è molto simile (come i parenti) e a chi è molto diverso (gli immigrati provenienti da altre culture). La rancorosa asocialità di Walt Kowalski è lo star male con se stessi proiettato verso l'esterno, in un astio ed una diffidenza universali, in cui l'ombra nera della propria coscienza eclissa ogni sorgente di calore umano. L'unico possibile riscatto non avviene allora attraverso il pentimento, bensì con la dimostrazione di poter essere qualcuno per il prossimo, e di poter, soprattutto, concretamente rimediare. "Gran Torino" è, a dispetto dei toni abulici e sfumati del solito realismo di provincia, un film estremo, in cui la vita e la morte sono gli unici poli di riferimento, che giocano a rincorrersi in un freddo scenario fatto di auto, di arnesi e di pistole; sono questi i simboli di una mascolinità prepotente e armata, ma anche i retaggi fossilizzati di tutte le saghe eastwoodiane, dal poliziesco al western.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta