Regia di John Patrick Shanley vedi scheda film
Il dubbio è un essere molle, delicato e fecondo come il ventre materno: è il germe del perdono e del cambiamento, è il margine che allarga il nostro spettro visivo, aprendolo a nuove frequenze. Questo delicato luogo mentale, sede fragile e sfumata del probabile e dell'eventuale, in questo film viene, purtroppo, fatto a pezzi con l'accetta e frantumato in una congerie di piccole certezze perfide e perentorie. La dialettica è sostituita da uno scontro frontale tra tesi e antitesi, variamente distribuite tra verità e menzogna, tra sincerità ed ipocrisia, e radicate unicamente nel saldo terreno delle convinzioni personali. In questa storia c'è chi vede bianco e chi vede nero, ma i colori non pervengono mai a una fusione equilibrata nella chiazza grigia dei "forse" e dei "però". L'impianto spiccatamente teatrale si riduce ad una sorta di nevrosi interpretativa, in cui la tensione si manifesta in balbuzie e dissonanze, tra dialoghi sostanzialmente inutili: non c'è parola che avvicini di un palmo alla verità, o che smuova di un millimetro le opposte posizioni di personaggi ad una dimensione. La sceneggiatura è una costellazione artificiosa in cui ciascuno sembra impegnato a "recitarsi addosso" la propria parte senza mai veramente interloquire con alcuno. La stonatura tra il titolo e la rigidità della messa in scena è così evidente da risultare grottesca, e il sapore che quest'opera lascia in bocca è quello di una malcelata morbosità, scaturita da una non meglio precisata forma di alienazione.
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