Regia di Kinji Fukasaku vedi scheda film
Film dal forte impatto sulla disumanità della guerra e dell'immediato dopoguerra giapponese. Durante le inchieste della povera vedova vengono infatti a galla meschinità, crudeltà, e persino follia di molti membri dell'esercito, spossati dalla fame e brutalizzati dentro dalla violenza che continuamente vedevano e facevano. Anzi, in quelle situazioni limite, emerge la parte peggiore dell'essere umano. Il film mette accento in particolare sulla disumanità delle esecuzioni capitali per diserzione, o presunta tale, o addirittura per chi si era ribellato al proprio superiore uscito di senno. A fine guerra, al posto di tornarsene a casa e piantarla con l'uccidere, molti vertici dell'esercito pensarono di sfogare la rabbia per la sconfitta in una serie di inutili e crudeli fucilazioni di militari, che non fecero che aumentare ancor di più la tragedia appena avvenuta. E' un film a tratti molto crudo e violento, con alcune racapriccianti scene di sangue e quelle, accennate ma non meno agghiaccianti, di cannibalismo tra i soldati. Troppo crude per i miei gusti. La guerra viene vista come una totale assurdità, piena di violenza e follia. Dev'essere stato girato da uno che aveva vissuto quelle terribili esperienze e ne era rimasto traumatizzato. Come Rashomon, il film è anche una riflessione sulla tendenza umana a raccontare i fatti come più conviene, a spese della verità. Quella esatta, infatti, non verrà alla luce. Da vedere non per piacere, ma per sapere come andarono le cose.
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