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Flash of Genius

Regia di Marc Abraham vedi scheda film

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La recensione su Flash of Genius

di FilmTv Rivista
8 stelle

Un lampo di genio. La faccia stanca, invecchiata, orgogliosamente commossa di Greg Kinnear, è una confessione e un vanto. Come tutte le idee geniali, il tergicristallo a intermittenza era l’uovo di Colombo che nessuno aveva mai covato. E forse neanche l’ingegnere Robert Kearns, buon docente e ottimo corridore, l’avrebbe fatto se dal 1953 il suo occhio sinistro non avesse lacrimato, irritato, per un tappo di champagne vagante che lo rese quasi cieco alla festa del suo matrimonio. E se la sua Ford con spazzole dal movimento costante non avesse torturato la sua già debilitata vista. Di necessità virtù, ma si sa anche che l’occasione fa l’uomo ladro. Robert brevettò l’invenzione nel ’64, la propose a tutta Detroit per vederla montata, a sua insaputa, sulle Ford dal 1969. Sarà sparare sulla croce rossa ricordare i peccati delle grandi case automobilistiche a stelle e strisce, la loro cinica grandezza ormai decaduta, ma il film di Marc Abraham è soprattutto una delle tante favole nere (e vere) del capitalismo. Il produttore, al suo esordio alla regia, ci regala l’epopea di un uomo che ha creduto tanto nel sogno americano da averne voluto viverne tutto l’incubo, per poi svegliarsi. Da vincente (risarcimenti per decine di milioni di dollari) che aveva perso tutto, in nome della Giustizia di un sistema traditore e corrotto. Lasciato dalla moglie (la mamma per amica Lauren Graham, ottima), tradito dal sodale (Dermot Mulroney), inizialmente abbandonato dai figli, la solitudine la visse fino in fondo, avvocato di se stesso contro le corporation. La storia era già una sceneggiatura perfetta, Abraham aggiunge “solo” molto Francis Ford Coppola: Tucker, un uomo e il suo sogno nella prima metà, L’uomo della pioggia nella seconda. Spudorata citazione, ma è un allievo valido: il film ha la dignità di un classico e solletica l’idealismo della volontà e il nichilismo della ragione. Greg Kinnear fa il resto: monumentale, empatico come sempre, eclettico. Uno dei più grandi attori viventi. Incompreso, proprio come Kearns e Tucker.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 31 del 2009

Autore: Boris Sollazzo

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