Regia di Michele Soavi vedi scheda film
La guerra, fuori dalle linee del fronte, è la somma delle battaglie personali. Il civile combatte con la rabbia e con il cuore, che, talvolta, lo inducono a sbagliare, ma non possono essere messi a tacere. Il film di Michele Soavi si rifiuta di tracciare una mappa del torto e della ragione, in uno scontro tra eserciti che, da entrambe le parti, uccidono, distruggono e saccheggiano, e i cui soldati sono individui che odiano ed amano con pari intensità. Tra chi impugna il fucile c'è, immancabilmente, chi lo fa per un'idea, chi per necessità e chi per opportunismo mercenario. Però il sangue che riempie il lago della Storia è tutto d'un colore e, dalla nostra prospettiva umana, un assassinio è sempre un assassinio. Il finale sulla guerra fratricida, più che provocatoriamente forte, è moralmente lacerante e preclude, col crudo realismo della vendetta e della morte della pietà, la possibilità di una lettura storiografica di parte. Il volto della prigioniera Lucia Dogliani, così simile a quello delle altre "collaborazioniste", si fonde, nel ricordo cinematografico, con quello di Renée Falconetti ne "La passione di Giovanna d'Arco" e quello della "strega" de "Il settimo sigillo". E' pur vero che il film non è esente da retorica e sentimentalismi, però a gridare attraverso essi è l'universalità del dolore di fronte all'ingiustizia perpetrata da chi si affretta a condannare.
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