Regia di Ed Harris vedi scheda film
Il western è come il rock and roll: non morirà mai. In America negli anni Quaranta e Cinquanta era il genere che andava per la maggiore, grazie a registi come John Ford (“Sfida infernale”, 1946), Howard Hawks (“Il fiume rosso”, 1949), Delmer Daves (“Quel treno per Yuma”, 1957), Budd Boetticher (“L’albero della vendetta”, 1959), Anthony Mann (“L’uomo di Laramie”, 1955), Robert Aldrich (“Vera Cruz”, 1954) e Samuel Fuller (“La tortura della freccia”, 1957), che ci hanno regalato gemme che ancora oggi risplendono di luce propria, e anche negli anni Sessanta e Settanta il western ha continuato a furoreggiare, per merito di autori del calibro di Arthur Penn (“Piccolo grande uomo”, 1970), Sam Peckinpah (“Il mucchio selvaggio”, 1969), Robert Altman (“McCabe and Mrs. Miller”, 1971), Sydney Pollack (“Jeremiah Johnson”, 1972) e Sergio Leone (“C’era una volta il West”, 1968), che hanno contribuito a tenere in vita il genere con opere di grande rilievo artistico, mentre negli anni Ottanta la produzione di western ha conosciuto un vistoso calo, nonostante il decennio in questione si fosse aperto con l’eccellente “I cavalieri dalla lunghe ombre” (1980) di Walter Hill e l’immenso “I cancelli del cielo” (1980) di Michael Cimino, tanto da rischiare di sparire (ricordiamo soltanto i bei “Silverado” di Lawrence Kasdan e “Il cavaliere pallido” di Clint Eastwood, entrambi del 1985); ma proprio quando il western sembrava destinato ad estinguersi, nel 1990 è arrivato l’epico “Balla coi lupi” di Kevin Costner, che con il suo straordinario successo, sia di pubblico che di critica, ha ridato nuova linfa al genere in un periodo di vacche magre.
E se non tutti i western girati negli ultimi cinque lustri sono memorabili (“Tombstone”, 1993, di George Pan Cosmatos e “Wyatt Earp”, 1994, di Lawrence Kasdan, ad esempio, sono tutt’altro che indispensabili), tra i migliori esempi del filone va annoverato il più che buono “Appaloosa” (2008) di Ed Harris, qui per la seconda volta dietro la macchina da presa (la prima era stata per il biografico “Pollock”, 2000). Oltre che dietro, il bravo Harris si mette anche davanti alla cinepresa per interpretare il ruolo di un abile pistolero, Virgil Cole, a cui, nel 1882, viene offerto di ricoprire la carica di sceriffo di Appaloosa, una cittadina situata nel New Mexico. Accanto a lui c’è il suo amico e vice sceriffo, Everett Hitch (Viggo Mortensen), anch’egli ottimo tiratore. Il loro compito è quello di arrestare un arrogante e viscido allevatore che si fa beffe della legge, Randall Bragg (Jeremy Irons), responsabile dell’omicidio del predecessore di Virgil. Mentre svolge il suo lavoro, il neo sceriffo trova anche il tempo per innamorarsi di una giovane e disinibita donna, Allison French (Renée Zellweger).
Forse non passerà alla storia del western, “Appaloosa”, e tra una cinquantina d’anni non verrà ricordato al pari dei classici realizzati dai maestri sopra citati, ma fa sempre piacere sapere che in giro ci sono ancora attori e registi che credono in un genere così poco frequentato, e che pur di tenerlo in vita hanno il coraggio di rischiare di andare contro ai gusti delle masse, anche a costo di fallire al botteghino. In questo film dal respiro classicheggiante ci sono dei buoni per cui tifare e un cattivo da detestare, ma la sceneggiatura (tratta dall’omonimo romanzo di Robert B. Parker, adattato dallo stesso Harris e da Robert Knott) non scade mai nel manicheismo e Harris, come regista, dimostra senza presunzione ma con molta umiltà di aver imparato bene la lezione impartita dagli autori che hanno fatto grande il genere. “Appaloosa” racconta di una bella amicizia, quella tra Virgil ed Everett, e di uomini che, per fare il proprio lavoro fino in fondo, sono disposti a sacrificare la loro esistenza. Il film ha un passo lento ma sicuro; il regista, saggiamente, non cerca inutili virtuosismi prediligendo, al contrario, uno stile semplice e classico che dona all’opera un’aria d’altri tempi.
Il cast, poi, è notevole, con Ed Harris e Viggo Mortensen che formano una coppia affiata e collaudata (i due avevano già recitato insieme in “A History of Violence”, 2005, di David Cronenberg) e Jeremy Irons che interpreta con consumato mestiere la parte del cattivo di turno. L’unica nota stonata è rappresentata da Renée Zellweger, un’attrice mediocre e insopportabile la cui presenza, per fortuna, non inficia il valore della pellicola. Per gli appassionati di western, “Appaloosa” è un film da non lasciarsi sfuggire. Se siete amanti del genere, prendete il cappello da cowboy, allacciate il cinturone, infilate la pistola nella fondina, sellate il cavallo e montateci sopra: è ancora tempo di cavalcare liberi e selvaggi per le sconfinate praterie del Vecchio West.
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