Regia di Giulio Manfredonia vedi scheda film
Pensare di vivere al di fuori del mercato è da pazzi. Ma solo un pazzo può pensare di entrare nel mercato. Favola educata di un assalto al cielo, il film di Giulio Manfredonia convince. Nel mettere in scena la vicenda di un sindacalista mandato al confino in una cooperativa di “matti” per le sue idee riguardanti modernizzazione e lavoro, il regista, dopo un incipit sincopato che riassume in pochi e velocissimi tagli di montaggio anni di dibattiti infiniti, si lascia andare a un piacere del racconto tanto schietto quanto efficace. Si può fare procede come un film sportivo hollywoodiano: il coach (Bisio) individua i talenti dei suoi giocatori, gli restituisce la fiducia in se stessi, vince qualche partita ma poi deve fare anche lui i conti con la vita. Certo: la legge 180, la realtà del disagio sono altro dal cinema. Ma Manfredonia non bara. E vuole bene ai suoi personaggi. Un po’ Attimo fuggente, un po’ Cuculo e un po’ Anna dei miracoli, Si può fare è un esempio credibile di mutazione della commedia all’italiana. Più Comencini che Monicelli, Manfredonia si muove sul terreno minato che separa il pietismo dal rispetto e porta a casa il risultato pieno nonostante qualche incertezza di caratterizzazione.
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