Regia di Giulio Manfredonia vedi scheda film
Storia di un umana follia che la legge 180 ha potuto estendere al mondo "normale". Storia di un'integrazione possibile, di sentimenti condivisi, di sorrisi da donare. Dagli anni '80, epoca di esordio delle cooperative sociali per un assistenza più dignitosa ai malati di mente, i passi sono stati lenti ma progressivi, soprattutto la sensibilità, la responsabilità verso il dissimile è cresciuta anche se tanto è da fare ancora, da proporre, da accettare. Questi piccoli grandi film contribuiscono ad una visione consapevole. Speri che gli applausi a fine visione si traducano in uno sguardo sensibile una volta fuori: verso il diverso ed il meno fortunato. Speri si comprenda quanto c'è bisogno di una parola, un non voltarsi, di un condividere. Ed ora basta pistolotti, passiamo al film di celluloide: siamo più dalle parti di K-Pax che non da quelle di Qualcuno volò sul nido del cuculo, il dramma è sfiorato sempre con garbo anche se si lanciano brevi, tremendi, messaggi. Come la denuncia sull'accanimento farmaceutico od il malato legato al letto vittima dell'infermità e della nostra incapacità di tradurla in degno sopravvivere. Gli attori sono tutti splendidi, mai sopra le righe (per quanto sembri paradossale, vista la situazione), mai non credibili, mai trasformati in novelli Forrest Gump, la regia se li coccola distribuendo storie nella storia e partecipando lo spettatore di una grazia di cui sentivamo il bisogno e che, speriamo, - insisto - non ci abbandoni. Azzeccatissime, infine, tutte le musiche e le atmosfere. Curiosità: non sò perchè ma avrei visto ancor meglio Fabio Volo al posto di un pur eccellente Claudio Bisio.
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