Regia di Gilles Béhat vedi scheda film
In una notte nera e tempestosa, il reietto poliziotto della brigata criminale Depardieu riceve una chiamata da un amico, Olivier Marchal, che gli propone un colpo. I bersagli sono assassini e spacciatori, quindi problemi morali zero. Ma lo sbirro non accetta. Forse è troppo vecchio. Marchal fa il colpo da solo, e sul più bello gli sparano. Era comunque condannato da un cancro ai polmoni, ma l’amico di una vita lo vendica lo stesso. Vi diranno che Diamond 13 (titolo cretino: perché cambiare l’originale Diamant 13?) è brutto. Sono gli stessi per i quali «Pupi Avati fa dei bei film». Vi diranno che la storia è confusa, poco comprensibile. E allora? Si vede che non hanno letto il romanzo da cui è tratta, Dead End Blues (Meridiano Zero) dell’ex flic Hugues Pagan, ancora più oscuro, confuso e incomprensibile. I metri di giudizio del noir, e del polar in particolare, sono altri. Che pistola usa Depardieu? Quanto è sublime, così possente e vulnerabile? Cosa si beve nei bistrot? Chi canta il blues di sottofondo? Quante sfumature ha l’anima nerissima del gangster Aurélien Recoing? Quanto freddo fa tra i gelidi décor e gli ambienti traslucidi di Anversa e Charleroi, dove il film è stato girato? Se non interessano queste cose, c’è Baciami ancora nella sala accanto.
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