Regia di Gilles Béhat vedi scheda film
“I francesi lo fanno meglio”. Il polar sintesi di poliziesco e noir. DIAMOND 13 è l’ultimo grande capitolo di questa bella tradizione francese. 36 e L’ULTIMA MISSIONE di Olivier Marchal grondavano fascino, piombo e dolore ma erano imperfetti. Forse perché interpretati da Daniel Auteil che è un bravo attore ma (a mio parere) inadatto al genere. Invece Gerard Depardieu (e qui sono fazioso) ha una marcia in più qualsiasi cosa faccia. In DIAMOND 13 interpreta il classico poliziotto disilluso, brutale e incline al bere. Lontano però da facili cliché. Mat è uno sbirro che con disincanto passa dai rilievi per un incidente stradale a una rapina che finisce con un sequestro su una terrazza. Mat gonfio d’alcol dopo aver apostrofato pesantemente la donna tenuta sotto scacco fa saltare le cervella al balordo. Sfortuna vuole che il soggetto femminile in questione è la moglie di un potente senatore e così viene sospeso dal servizio per la gioia di qualcuno. Egli vive in un tugurio di casa, lasciato solo dalla collega Calhoune che ha fatto carriera nella polizia, ha in Franck un vecchio amico. Questi è un agente infiltrato dell’antidroga passato dall’altra parte, il quale ormai malato di cancro gli propone un affare. Per Mat sarà l’inizio di una caterva di guai. D13 è un polar classico nella psicologia dei caratteri maschili ma assume i tratti di un polar moderno e aggiornato nel mescolare azione (mai eccessiva), esplosioni di violenza, colpi di scena, nuove connivenze e rinnovata corruzione tra polizia e istituzioni. E inoltre locali fumosi che suonano jazz, drag queen e musicisti strafatti, ambiguità e un senso di decadimento, disfacimento e fine che traspare sovente. Accanto al protagonista lasciano il segno anche tutte le figure femminili (altro punto a favore della pellicola)che gli girano attorno: la fedele assistente Léon silenziosa amante di Franck trattenuta nei sentimenti e nel dolore appare sempre al momento giusto in difesa del suo capo più ferito di lei; Farida sbandata e tossica viene salvata dal suicidio ma vista la conclusione “non avrebbe mai dovuto incontrarmi”; l’amica fotografa Z’yeux d’or confidente discreta e onesta riceverà un regalo per i suoi preziosi aiuti; infine Calhoune la poliziotta in carriera che dopo aver consumato Mat si rivela pure marcia e assassina. Ma tutti dicono di avere un angelo custode, di nome Léon e l’accendino di Mat non servirà per accendersi una sigaretta…D13 ha una bellissima sceneggiatura (irrisolta e inverosimile solo in pochi punti), tratta da un romanzo di Hughes Pagan anche sceneggiatore insieme a Olivier Marchal (Franck) e alla sorpresa Gilles Béat, egregio regista del film. Come detto al principio non si può prescindere nel giudizio complessivo dal nume tutelare del cinema (non solo) francese Gerard Depardieu, splendido flic conciso, asciutto, generoso e dolente. Ciò che piace del suo personaggio e della sua interpretazione è l’indolenza apparente, la maschera di sofferenza che reagisce e affronta soprusi e storture della vita e del mestiere con coraggio e (in)coscienza. Alcune battute precise e inesorabili ricordano nel contempo l’Alain Delon “Melvilliano” e il miglior Humphrey Bogart dei noir americani anni ’40.
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