Regia di Gilles Béhat vedi scheda film
In qualsiasi alta scuola di recitazione, dalla Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico all'Actor studio, la visione di questo lungometraggio del francese Gilles Behat dovrebbe essere obbligatoria per capire cosa non è l'arte del recitare. Nelle pieghe di un racconto che definire criptico (a partire dal titolo pretestuoso) è un eufemismo, ispirato dai soliti piagnistei dell'ex poliziotto Olivier Marchal (36 Quai des Orfevres, L'ultima missione) sulla corruzione della polizia, c'è una parte anche per Asia Argento. Al cinema sempre più piegato ai diktat della televisione e del botteghino un ruolo non si nega a nessuno, da Valeria Marini e Maddalena Crippa alle sgallettate del Grande Fratello. Ma Asia le batte tutte. Qui la figlia di papà Dario evita di fornicare con un cane come fece in Go go tales ma riesce ugualmente a superarsi: dire che ha un'espressione da sgombro in salamoia offerenderebbe gli sgombri e per di più mentre recita sembra che stia dettando dei telegrammi, roba da far sembrare un balbuziente un acrobata dello scioglilingua. Non si sa se l'ottenimento della parte sia costato ad Asia la slogatura della mascella per eccesso d'esercizio (non certo quello fonetico…) ma resta il fatto che una prova del genere ha pochi precedenti nella storia del cinema. Detto questo, il film racconta di un poliziotto (Depardieu) al quale è stato ucciso un collega-amico infiltrato in un giro di corruzione. Lui vorrebbe fare il buono, redimere una ragazzina scapestrata che con la storia non c'entra nulla ma finisce nella pastoie di un gioco più grande (e ce ne vuole…) di lui. Sussulti improvvisi, accessi di violenza esasperata si infiltrano in una trama sfilacciata da polar che vorrebbe aggiornare la grande stagione dei Cluzot e Melville senza ovviamente riuscirci.
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