Regia di Mark Robson vedi scheda film
Messa all'indice per via del suo matrimonio scandaloso con Roberto Rossellini, Ingrid Bergman trova il suo pieno riscatto cinematografico adottando un personaggio che è di segno opposto rispetto a quello pubblico che le era costato l'ostracismo. Peccato che la missionaria laica dai lei impersonata, che negli anni '30 lascia l'Inghilterra per andarsene in Cina, sia tutta una gentilezza, una carità, un ossequio alla precettistica cristiana più corriva. Tra ricevimenti a palazzo, lotta per la sopravvivenza, soprusi sventati per un soffio, pregiudizi da parte degli autoctoni, le oltre due ore e mezza di film scorrono con una lentezza insostenibile, nell'attesa dell'arrivo degli invasori giapponesi allo scoppio della seconda guerra mondiale. Ovvero, il momento topico del film, quello in cui la "straniera" dà fondo a tutto il proprio eroismo mettendo in salvo molti orfanelli.
Stucchevole, lentissimo, verboso, il film di Mark Robson dista anni luce da quel capolavoro corale che era stato I peccatori di Peyton, girato appena due anni prima, del quale conserva l'indole da melodrammone provinciale (lì, la provincia degli States, qui quella di un mondo ancora sottosviluppato). Da dimenticare.
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