Regia di Gael García Bernal, Jane Campion, Jan Kounen, Mira Nair, Gaspar Noé, Abderrahmane Sissako, Wim Wenders, Gus Van Sant vedi scheda film
8 è un film collettivo, prodotto per sensibilizzare e informare le persone riguardo gli otto obiettivi di sviluppo del terzo millennio, fissati nel settembre 2000 da 191 Paesi membri delle Nazioni Unite per dimezzare la povertà nel mondo entro l'anno 2015 (?!). Registi ed episodi sono i seguenti:
1) Abderrahmane Sissako: Tiya's Dream (girato in Etiopia; obiettivo: sradicare la povertà e la fame);
2) Gael Garcia Bernal: The Letter (Islanda; realizzare l'istruzione elementare universale);
3) Gaspar Noè: SIDA (Burkina Faso; combattere l'HIV/AIDS, malaria e altre malattie);
4) Mira Nair: How Can It Be (USA; promuovere l'uguaglianza fra i sessi);
5) Jane Campion: The Water Diary (Australia; assicurare la sostenibilità ambientale);
6) Gus Van Sant: Mansion on the Hill (USA; diminuire la mortalità infantile);
7) Jan Kounen: The Story of Panshin Beka (Amazzonia; migliorare la salute materna);
8) Wim Wenders: Person to Person (Germania; sviluppare la collaborazione totale per lo sviluppo).
Gli intenti sono chiaramente buoni e importanti, ma il progetto cinematografico mi pare anche inutile: intanto per la sua impotenza di fondo, poi per la scarsa visibilità del film di cui si ha a malapena una edizione della RaroVideo (etichetta dal nome paradossale, ma ovviamente indispensabile...).
Artisticamente parlando tutti gli episodi sono vergognosi: Sissako e Bernal non sanno di nulla, ma almeno il primo ha un accenno di consapevole amarezza; Noè è di un moralismo sconcertante e usa il vezzo tecnico (non certo stile) degli stacchi neri improvvisi e dell'ossessivo pulsare del cuore (similmente a Destricted); la Nair crede di trovare la soluzione dell'uguaglianza nella volontà egoistica di una donna di abbandonare marito e figlio per un amore del tutto insicuro (padre: non ci posso credere, figlio: è così, o qualcosa del genere!); la Campion mostra la nascita di nuove esigenze miracolose tramite riti al limite dell'animismo, ma non da parte di aborigeni; Van Sant fa uno spot: ragazzi in skateboard alla Paranoid Park con lo sciorinamento di dati statistici; Kounen (lo sciagurato di Blueberry) stranamente non è il peggiore grazie al bianco e nero e alla fonte di leggende indigene; anche Wenders fa uno spot, ma metatelevisivo: i personaggi al di là degli schermi entrano nello studio televisivo dell'azione mentre non ci sono i giornalisti e confabulano tra sé e noi spettatori che siamo al di qua; rientrati al loro posto, convincono poi anche gli stessi giornalisti istruendoli sul sistema del microcredito. Il ridicolo, la noia, la sciatteria e la retorica dominano da ogni parte.
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