Regia di Morgan Spurlock vedi scheda film
Che fine ha fatto Morgan Spurlock? Questa è la vera domanda da porsi. Dopo la buona prova di “Super Size Me” il regista americano s’allarga, sconfina, tracima, perde punti e credibilità e forse inventa un nuovo temibile e terribile subgenere: il popcorn-docu movie. Si salvi chi può! La gravidanza della compagna, più che a lei, deve avere scombussolato a lui l’equilibrio ormonale, tant’è che invece di assisterla e godersi i 9 mesi, prende a debole pretesto l’arrivo del figlio e il desiderio di offrigli un mondo migliore e più sicuro e, con tutti i rischi del caso per la sua incolumità, parte zaino in spalla e poco sale in zucca per il Medio-Oriente alla ricerca del fantasmatico Bin Laden. Ma i contenuti stanno a zero, il film è velleitario, vano, quasi offensivo per le popolazioni locali, la forma è contestabile così come l’idea stessa di sprecare tempo, soldi e manodopera in un progetto simile, senza la benché minima competenza (non basta aver letto qualche libro sull’argomento). Dopo una serie di interviste flash, ma sicuramente martoriate in fase di montaggio, e una narrazione saltellante senza un filo conduttore, Spurlock sul più bello abbondona tutto, come era intuibile, rinuncia, perché il vero obiettivo del film ritiene di averlo aggiunto, ma l’iperidealismo cozza contro la realtà di conflitti e dinamiche un tantino più complicate di come lui vorrebbe vendercele e il finale conciliante e buonista ma ipocrita nasconde un reale timore e un’effettiva inquietudine di fronte ad una tragedia (l’11-9) di cui molti americani, Spurlock ne è l’emblema, non si sono ancora capacitati e che ancora non è stata del tutto metabolizzata e compresa, inutile e poco produttivo far finta del contrario e farci della colorita e giocosa ironia. Nel frattempo il terrorista arabo è “six feet under” e i lombrichi se lo sono già mangiato e fortunatamente questo film nessuno più se lo filerà.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta