Regia di Anne Riitta Ciccone vedi scheda film
«Essere così vivo mi fa paura» confessa Jean Paul (Anglade) dopo aver cercato di aiutare una prostituta costretta dal suo pappone a una vita ingrata. Giornalista reduce dall’Iraq, il francese Jean Paul non riesce a sentire più niente, litiga con la ex moglie, non bada ai figli e non regala nulla alla sua nuova giovane convivente (Diane Fleri). Solo il sesso virtuale rubato a Internet pare risvegliarlo. Eeva (Laura Malmivaara), finlandese, ha subito una violenza di gruppo ed è talmente traumatizzata che fatica a spogliarsi persino sotto la doccia. Maddalena (Maya Sansa), infine, vive a Roma e si rifugia nella sua pittura: il mondo, là fuori, non le interessa; almeno fino all’incontro con la piccola Elèna. Tre storie, e i loro personaggi di contorno, in una Vecchia Europa malata e smarrita, bloccata nel corpo e nell’anima, schiacciata dal relativismo e in disperata ricerca di spiritualità. Il vuoto partorisce disagi e sofferenze, mancanze di senso. E la strada per uscire dal buio di un benessere che impedisce, paradossalmente, la felicità, è lunga e inerpicata. Gli episodi si susseguono, il montaggio alternato (di Marco Spoletini e Luigi Mearelli) avanza inesorabile sino alle (il)logiche conclusioni, la musica (di Franco Piersanti) è appena accennata, i luoghi (le scenografie sono di Maurizio Sabatini) sono fondali in apnea. Le scelte di Anne Riitta Ciccone, qui alla sua prova più matura, sono nitide e nette: la sua cinepresa non ha una sbavatura, rispetta gli uomini e le donne, sussurra nelle orecchie, sibila sensazioni. E il suo film percorre i viali del racconto con la tenace tenerezza di chi vorrebbe cambiare il mondo. Praticamente perfetta la scelta degli attori, e funzionalissima alle voglie e ai desideri della regista la calda fotografia di Fabio Cianchetti. Un film che diagnostica alcuni mali ormai endemici della nostra società occidentale, ma che alla fine crea e dona qualche speranza.
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