Regia di Mabrouk El Mechri vedi scheda film
Il primo film che vidi con Jean Claude Van Damme era il per me quasi immondo Kickboxer.Erano i tempi in cui imperavano le arti marziali e questo giovanotto muscoloso belga esperto di kickboxing nella sua totale,annichilente mediocrità d'attore incarnava a suo modo il Sogno americano di ogni attore che da sempre sogna il successo oltreoceano,lì dove girano veramente i soldi attorno al mondo di celluloide.Perchè il nostro insospettabilmente si è costruito una carriera,ha sdoganato da Hong Kong il talento di John Woo facendolo conoscere a tutto il mondo oscillando tra film brutti e bruttissimi(arrivando alla decenza solo in pochi titoli,tipo Senza tregua del succitato Woo o coinvolgendo nei suoi progetti registi di culto come Tsui hark e Ringo Lam).Da un po'di tempo è sparito dal grande circuito,sopravvive in quello piccolo perchè come Seagal e Snipes ormai lavora per la maggiori parte dei film in produzioni dell'Est europeo.Questo film fa un po'il punto della situazione sia sulla sua carriera cinematografica che sull'uomo nascosto dietro l'attore.Ed è un film che sorprende.Non avrei mai pensato che mi sarebbe piaciuto così un film con Van Damme come prima di Copland pensavo che Stallone avesse detto ormai tutto nella sua carriera da attore.JCVD è un film metacinematografico in cui Van Damme intepreta se stesso con tutte le sue zavorre della vita reale.Ma al contempo è un film scritto di fino,pensato ,sceneggiato anche con cura,un operazione sofisticata di simulazione della verità usandola come un maglio per arrivare al cuore dello spettatore.Perchè è indubbio che questo baldo 47enne con tutti i suoi acciacchi,con le sue rughe tutte in bella evidenza,con i suoi problemi economici e personali(saranno vere le difficoltà economiche e la dolorosa causa di affidamento della figlia?) è finalmente umano,non un quarto di bue addestrato a picchiare a sangue.Il film è una sorta di riedizione di Quel pomeriggio di un giorno da cani con una regia volitiva che va dal surreale alla tarantinata DOC e con una fotografia livida dalle tonalità metalliche che fa diventare il film quasi in bianco e nero.Van Damme è finalmente uomo e non eroe ma forse per la prima volta si dimostra anche attore di razza.Mi sorprendo anche io ad accostare la parola attore al nome Van Damme ma credetemi non è accostamento peregrino:provate a guardare il pianosequenza di quasi 7 minuti in cui Van Damme si confessa e si denuda metaforicamente davanti alla cinepresa.Un brano di cinema soprendente e di notevole difficoltà per qualsiasi attore.Il forzuto belga supera il banco di prova con brillantezza insospettabile....
film citazionista condotto con autorità
dimostra di essere attore dopo tato tempo
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta