Regia di Philippe Claudel vedi scheda film
E’ difficile maneggiare il tema del film senza cadere nel patetico, nel pietistico e in un’atmosfera soffocante e appiccicosa. Il regista ci è riuscito perfettamente grazie alla bravura con cui ha svolto la storia e anche ad un’attrice assolutamente padrona del personaggio e del suo carattere.
Juliette è una donna che esce dal carcere dopo sedici anni durante i quali non ha avuto più alcun contatto con i suoi parenti più stretti che l’hanno definitivamente cancellata. Ad accoglierla trova Lea, la sorella più giovane e che era bambina all’epoca della condanna. Lea l’accoglie a casa sua, con non celata insofferenza del marito, per darle il tempo di reinserirsi nella vita al di fuori del carcere.
Non sappiamo per buona parte del film quale sia il crimine commesso da Juliette ma è stato sicuramente una colpa incancellabile e che rimane come una ferita aperta ora come allora e che nessun carcere o tempo potrà mai sanare.
Juliette vive il suo dramma in ogni momento e lo si legge dallo sguardo senza speranza che sembra guardare senza vedere, uno sguardo che la pone a una distanza siderale dagli altri.
Con il tempo Juliette nella casa della sorella e soprattutto con il rapporto con la nipote, una bambina adottata, riesce lentamente ad avere un contatto con gli altri e a trovare qualche brevissimo momento di gioia. Alla fine, casualmente, Lea scoprirà il motivo del crimine commesso dalla sorella. In un finale indimenticabile Juliette, come impazzita dal dolore per quello che ha fatto, grida in faccia alla sorella che nessuna giustificazione potrà farla stare in pace con se stessa.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta