Regia di Philippe Claudel vedi scheda film
E' un film difficile da giudicare e da illustrare nel suo insieme. Come realizzazione, andamento, sviluppo lo definirei abbastanza buono. E' fatto decentemente, ma ha forse un'ombra di stanchezza e un po' di debolezza. La vicenda sembra come leggermente stiracchiata. Gli attori comunque sono bravi e complessivamente il film se la cava. Ci sono anche alcuni buoni momenti drammatici e qualche dialogo che lascia il segno.
I temi sembrano essere due: il reinserimento di una ex detenuta nella vita normale e l'eutanasia. Quanto al primo punto, il film fa vedere tutti gli ingiusti pregiudizi che colpiscono chi è stato in galera, una volta che questi tenta di reinserirsi nella società. L'atteggiamento comune è il marchiare a fuoco la persona e non ammettere la possibilità del pentimento e del cambiamento, negandole la possibilità di riscattarsi. Facilmente qui si può citare l'insegnamento di Cristo "Chi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei".
Quanto all'altro tema, cioè l'eutanasia, questo compare solo nella parte finale del film. Tuttavia esso è anche il punto focale della pellicola e non si può sottrarsi dal metterlo bene a fuoco (certe analisi che ho letto sui libri, invece, svicolano). Il togliere la vita ad un malato terminale è lecito o illecito? E' scusabile? E' una scelta dolorosissima ma giusta? Oppure è sbagliato e basta? Queste sono domande che inevitabilmente affiorano nella parte finale, e alle quali il regista evita di dare una risposta chiara. Il suo approccio è problematico, aperto, sembra chiedere a ciascuno di noi di prendere una posizione per conto suo verso un tema troppo soggettivo. Fatto salvo questo atteggiamento di Philippe Claudel, tuttavia, uno sguardo acuto vede che la bilancia, a conti fatti, pende un po' da una parte. L'assunto sembra essere questo: il dolore di vedere una persona cara soffrire è insostenibile, quindi è giusto porre fine alla sua vita. Cioè il regista sembra assolvere il personaggio per il suo gesto, perché il veder soffrire la persona cara era insopportabile. Forse implicitamente afferma che la sofferenza era insostenibile anche per la vittima. Insomma, a me sembra che il film dipinga l'eutanasia come un gesto molto doloroso, ma a volte necessario e quasi inevitabile. Io sono ad essa contrario, e quindi il finale non mi è piaciuto. Tuttavia riconosco al film il merito di non esser stato didascalico, dimostrativo, propagandistico, e di non aver tagliato il problema con l'accetta. Ho apprezzato anche l'aver mostrato l'enorme sofferenza a cui si condanna chi ha operato l'eutanasia su una persona cara.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta