Regia di Philippe Claudel vedi scheda film
Decisamente molto triste, ma non meno coinvolgente, il film è cadenzato dalle note di “A’ la claire fontaine”, canzone popolare francese del XVIII secolo, un verso della quale ne costituisce il titolo originale. Parla di dolore, di una sofferenza talmente intima da non poter essere gridata. Léa (Elsa Zylberstein), docente universitaria, sposata e madre di due figlie adottate in Vietnam, accoglie in casa propria la sorella Juliette (Kristin Scott Thomas), che rivede per la prima volta dopo 15 anni. Tanti ne sono trascorsi dalla condanna di Juliette per omicidio. Una vicenda terribile, che ci verrà rivelata passo dopo passo fino allo straziante finale. Assistita da servizi sociali piuttosto efficienti, Léa tenta generosamente di aiutare la sorella nel suo reinserimento, si pone domande sul modo in cui i genitori erano riusciti a cancellare dalla memoria famigliare quell’imbarazzante presenza, si chiede soprattutto il perché di quel crudele assassinio. Kristin Scott Thomas è disarmante per la sua capacità di trasmettere contemporaneamente lo smarrimento di una ex-detenuta che si sente e si sentirà sempre rifiutata e la tenacia di una donna che tenta di ritrovare nelle persone che incontra quell’”altro da sé” negatole per un decennio e mezzo. Ottima prova anche per Elsa Zylberstein, che incarna una donna completa e complessa, attenta osservatrice di tutte le figure che la circondano. A dispetto di conflitti e contraddizioni, ama e dà tutta se stessa sia alla sorella che al marito, alle figlie e persino al vecchio suocero che abita con loro. Quelli delle bambine sono ruoli tutt’altro che secondari. Perplesse di fronte alla zia piombata in casa e di cui non avevano mai sentito parlare, pongono domande imbarazzanti che, senza volerlo, fanno male. E’impossibile mentire ai bambini: questa massima trova qui una sua radicale conferma. Il film parla anche di pregiudizi (quelli del marito di Léa, ma soprattutto del datore di lavoro che, venuto a conoscenza del reato commesso da Juliette, la caccia via in malo modo), di Alzheimer (la madre che non riconosce la figlia che vede ogni giorno e riconosce immediatamente quella che non vedeva da 15 anni, poi... non riconosce nessuna delle due), del funzionamento dell’assistenza sociale in Francia (il sostegno all’ex-detenuta, ma anche i problemi dell’adozione in paesi lontani) e di tanto altro ancora. Un’opera riuscitissima. Un film duro e profondo.
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