Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
In " Io non ho paura",il gioco era riuscito bene a Gabriele Salvatores,trarre un film molto aderente,ed allo stesso tempo improntato in modo molto personale,da un romanzo di Niccolò Ammanniti:cinque anni dopo viene concesso il bis,e dal libro "Come Dio comanda" il regista di origine napoletana trae una sceneggiatura ed un conseguente lungometraggio. Su una storiaccia di degrado nel profondo Nord,in cui si conta uno stupro ed un delitto,con emarginati sociali al centro del racconto,Salvatores realizza una pellicola ideologicamente straniante,tanto che se non fosse nota la natura di sinistra dell'autore,sarebbe spiazzante il ritratto di un personaggio come quello recitato da Timi,fascista fino al midollo,che educa il figlio allevato senza compagna accanto ad una distorta visione del mondo reazionaria e faziosa ad oltranza. Però questo è un aspetto infine non principale,e comunque risolto con pratica bravura dalla regia:il fulcro del film è il rapporto tra padre e figlio,ruvido,spigoloso,intenso,viscerale,ed il legame di sangue,sembra sostenere la pellicola,è quello che regola il resto. Girato con abilità,trova un partecipe interprete in Filippo Timi che ostenta sia i lati sgradevoli del suo personaggio che quelli,in effetti positivi,perchè al di là della radicale appartenenza ad un ordine di idee tristo,l'uomo ha un codice morale netto,sebbene sospinto agli estremi. Quello che lascia perplessi di "Come Dio comanda" è che ad una certa scioltezza di narrazione e di ritmo non corrisponde una sostanza adeguata:Germano gigioneggia oltremodo,e che la storia prenda una piega drammatica e "nera" è comprensibile da molto prima che gli eventi si susseguano.Non è il classico "film sbagliato",semmai ci si interroga perchè il regista di "Mediterraneo" abbia voluto in ogni modo girare questo,ancor più assurdamente facendo uscire la pellicola nei cinema per Natale,scelta commerciale del tutto azzardata.
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