Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Non ho letto il libro di Ammanniti, dunque non posso fare il confronto tra film e opera letteraria, ma l'ultima fatica di Salvatores mi sembra degna di maggiore considerazione rispetto a certe critiche negative che ho avuto modo di leggere. Un tentativo coraggioso di guardare al mondo degli emarginati e dei diseredati e di radiografare le loro vite fatte di miseria morale e materiale, una miseria che alimenta l'ignoranza e la violenza che conduce al crimine. Mi sembra che il film abbia una costruzione narrativa abbastanza solida, pur con qualche sviluppo non del tutto approfondito (e la figura dell'assistente sociale è la meno credibile). Il rapporto padre/figlio, basato sulla coercizione ma anche sull'affetto, è esposto in maniera credibile, grazie anche all'ottima direzione degli attori (preferisco però la sofferta intensità di Filippo Timi al giovane Alvaro Caleca, un pò discontinuo). La cupa vicenda, con tutti i suoi interrogativi di carattere esistenziale e religioso, mantiene una certa pregnanza anche dove la tetraggine si fa un pò eccessiva e rischia di soffocare il rilievo di situazioni e personaggi (la lunga sequenza della violenza e dell'omicidio di Quattroformaggi, con l'intervento di Rino, il suo malessere e il successivo intervento di Cristiano mi è sembrata un pò troppo insistita). Ma Salvatores resta un regista di indubbia competenza tecnica, con un ottimo utilizzo della fotografia e delle ambientazioni, e il finale col sottofondo di Knockin' on Heaven's door di Bob Dylan raggiunge una notevole forza espressiva.
VOTO 7/10
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