Regia di David Hackl vedi scheda film
L’idea di proseguire una saga horror in chiave postuma, a malfattore morto, non è male. Rispetto al IV, Saw V riduce il tasso d’emoglobina e si presenta con torture meno ingegnose il che, in epoca di martyri e di frontieres, è autolesionista. JigSaw è morto, dunque, ma il suo allievo, che insospettabile non è, ha appreso bene la lezione del maestro defunto. Purtroppo i motivi ricorrenti della serie - la trasmissibilità della colpa e la punizione organizzata come un piano regolatore generale - perdono d’interesse. Sono infatti ridotte a stanche lezioncine il coté liberal delle trappole di JigSaw che preferisce le soluzioni collettive all’iniziativa individuale e l’umiliazione cruenta dell’arroganza di chi invoca la verità assoluta. Il quarto capitolo della serie aveva fatto balenare l’ipotesi che Saw potesse abbracciare il minimalismo coatto della ripetizione infinita. Invece con il quinto film della saga affiora il fantasma di Venerdì 13 quale modello unico. Brutta l’idea di iniziare con una citazione di Il pozzo e il pendolo che il nostro Dario Argento ha immaginato in forme più crudeli nel segmento Il gatto nero di Due occhi diabolici. Citazione veloce, infine, per Al Sapienza (I Soprano) e Carlo Rota (24).
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