Regia di Pino Insegno, Gianluca Sodaro vedi scheda film
Il successo della teen comedy muccinian-mocciana ha riportato il cinema di genere ai tempi belli, quando i filoni nascevano per caso, e tutti dietro a inseguire un titolo, una scena tipica, un momento topico. Succede da anni. Segno che i tempi erano maturi per citare se stessi, esasperando i canoni e adattandoli in senso demenziale, proprio come fanno gli americani, dai fratelli Zucker in giù. Pino Insegno, proprio lui, rifrigge gli amorazzi zucchero, miele e peperoncino del bullo Stramarcio (e Scamarcio pare non l’abbia presa bene) e di Bambi, con lui che a letto le parla della raccolta differenziata. Trasforma le corse in gare di moto fra carrelli del supermercato. Fa dire: «Scusa, mo’ ti chiamo amore» e tira fuori Corinne Clery che mostra alla nipotina le foto osè di quando era giovane, mentre le dà 100 colpi di spazzola. C’è anche Raoul Bova che fa il Dottor House, giusto perché la platea apprezza la citazione, così come il mad doctor di Saw e la (finta) scena erotica di Manuale d’amore 2: la sosia della Bellucci urla di piacere senza che nessuna la tocchi. Qua e là si ridacchia, anche se le battute esistenziali, con cadenza romanesca, dei modelli originali sono più comiche. C’è una certa cura: non è molto, ma è già qualcosa.
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