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Storia di amanti moderni: la stagione del terrore

Regia di Kôji Wakamatsu vedi scheda film

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La recensione su Storia di amanti moderni: la stagione del terrore

di OGM
6 stelle

Koji Wakamatsu compie l'ennesimo artistico esercizio di regia, nelle solite, essenziali geometrie d'interni, nei cui spazi squadrati si manifesta tutto lo spirito di un periodo: è il sessantotto giapponese, con, da un lato, la contestazione studentesca e la liberazione sessuale, e, dall'altro, la repressione della polizia e l'insofferenza dichiarata dalla borghesia. L'intercettazione ambientale effettuata da due agenti diventa lo strumento di indagine introspettiva nel dramma esistenziale di un sospetto sovversivo. L'orecchio della cimice coglie, nel suo appartamento, i suoni di un'intimità trasgressiva in tutti i sensi, eppure spontanea e intensa, diversa dall'eros dominatore e rituale di "Sex Jack" e da quello folle e brutale di "Angeli violati". Tuttavia questa pratica rimane, come negli altri due film, lo sfogo di un'energia che, non trovando sbocco nella rivolta, si avvolge su stessa: qui la vediamo incanalarsi in un circuito fisiologico fatto di cibo, sonno e sesso. Ancora una volta, l'incapacità/impossibilità di realizzare un'azione rivoluzionaria comune e concertata si trasforma in un individualismo claustrofobico, in una passività ermetica che è un fenomeno interamente psicologico, immemore di qualsiasi ideologia che tale possa definirsi. L'animo del protagonista è completamento messo a nudo, esplicitato in tutta la sua vacuità, e non più nascosto, come in "Sex Jack", dietro i vuoti proclami politici e la millantata capacità offensiva di un capogruppo privo di seguaci. Il solitario attentato suicida equivale alla estrema negazione del sé, allo scoppio autodistruttivo di un ego troppo a lungo represso. Il regista giapponese ci propone una delle sue tante variazioni sul tema della "politica" dei giovani alle soglie degli anni settanta: una politica immatura, che non costruisce accordi né formula progetti, ma, invece, prende di mira un presente che considera caparbiamente affacciato su un futuro inesistente. Il soggetto è più che valido, purtroppo la sua realizzazione appare un po' annacquata, e non molto incisiva.

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