Regia di Koen Mortier vedi scheda film
Mezza delusione. Perchè da presupposti tanto forti ci si poteva aspettare ben di più. Per lo meno non è un lavoro conformista, quello si può dire con certezza di non sbagliare: riprese a rovescio (sia come inquadratura che mandate all'indietro nel tempo), dialoghi crudi, nudi integrali a iosa, anche scene di sesso esplicito (già ampiamente nel pornografico, per intenderci). Eppure di tanto degrado, di tanto squallore, di tanta subumanità tronfia della propria deformità e soggiogata da un'ingiustizia sociale che pare essere l'unica vera sicurezza, che cosa rimane? Il finale è talmente iper-pulp da trascendere la realtà - che pare essere l'oggetto fondamentale dell'analisi del lavoro di Mortier. I dialoghi in camera accompagnano lo spettatore, come la narrazione in prima persona da parte dello scrittore, attraverso gli incubi del quotidiano, la violenza portata avanti quasi con indifferenza da persone tormentate fino al midollo (e qui si apre il discorso su droga e deviazioni sessuali, dall'incesto alla pedofilia e via dicendo): nessun personaggio del film sembra salvarsi da una sorta di maledizione. Qui parlo per me stesso, ma non ci ho visto un significato particolarmente forte: pare piuttosto un tentativo non riuscito di imitare o percorrere almeno la strada degli Idioti di Lars Von Trier, che però avevano tutta una filosofia lucidissima in mente.
Tre ritardati con evidenti problemi fisici (sordità, paralisi) cercano un batterista. Lo trovano in uno scrittore che finge di non saper suonare per potersi addentrare nello squallore del mondo dei tre musicisti a tempo perso. La band si chiamerà The feminists ed avrà un'attitudine punk non indifferente, arrivando persino ad esibirsi a un importante festival. Ma la maledizione della povertà e della diversità ricadrà sulla band.
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