Regia di Mario Canale, Annarosa Morri vedi scheda film
Tutto lo scibile mastroiannesco è stato già detto nell’autobiografia testamentaria di Anna Maria Tatò, il monologo fluviale Io mi ricordo, sì io mi ricordo (di cui v’è anche un libro, più conciso ed essenziale). Mentre quell’atto d’amore per il cinema e per la vita era quanto di più coinvolto si potesse richiedere ad un uomo, stavolta sono gli altri a parlare. Alla fine il profilo che ve ne esce è lo stesso: lieto, sereno, spensierato. Marcello è il nostro attore più celebrato, amato, esportato. Il migliore? Non so. Marcello viveva la professione con la dolce trasandatezza di chi viene catapultato coattamente in un ambiente che non gli appartiene ma nel quale sguazza allegramente. Il ritratto che emerge da questo documentario è la profonda quiete dell’uomo, la felicità nel dare sollievo agli altri attraverso la propria arte. Mastroianni ha seminato bene ed ecco allora il perché molti interventi si sono rivelati inevitabili, necessari, doverosi. Offrono chiavi di letture disparate, eppure convergenti. Non è un documentario indispensabile, ma merita attenzione. Aneddoti a volontà (le ore passate al telefono, la mitologica pasta e fagioli), curiosità, riflessioni (le radici), confessioni, dichiarazioni e via dicendo. Che vita dolce.
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