Regia di Otar Ioseliani vedi scheda film
La sobria coreografia della preghiera, nel quadro di una sana e semplice solarità agreste, celebra un gusto della vita festoso, ma senza eccessi né strepiti, che è la filosofia prediletta da Otar Ioseliani. I toni sono sommessi, eppure caldi, distribuiti su una tavolozza che accosta la povertà dei frati alla modestia di chi, come i pastori, i contadini e i cacciatori, vive a stretto contatto con la natura. La continuità tra i due mondi, che sono le sponde religiosa e laica dell'umiltà cristiana, è sottolineata dalla commistione dei loro rispettivi suoni: l'inno gregoriano si confonde con il canto popolare, le campane e il coro dei bambini in chiesa si mescolano alle voci della piazza del paese. E quando l'obiettivo si sposta sulla tavola dei ricchi, l'eco del Vangelo permane in sottofondo. Il salotto borghese resta assorto e malinconico, mentre da fuori giungono la musica della banda ed i richiami della gente che balla e mangia in compagnia: la vita monastica non è isolamento, bensì condivisione nella gioia, e la triste solitudine spetta solo a chi troppo ha, e tutto per sé trattiene. Il messaggio contenuto in questo mediometraggio non ha, però, il sapore di una predica, ed è del tutto esente da paternalismi, perché alla pronuncia in negativo con cui si emette una condanna, preferisce l'eloquente positività del buon esempio.
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