Regia di Barbet Schroeder vedi scheda film
L'itinerario fisico e mentale di Stefan è quello percorso da tanti giovani, figli dei fiori e fricchettoni, a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, e ricalca, come è successo per molti di questi, la via, lastricata di buone intenzioni, che conduce all'inferno. «Smetto quando voglio» era la frase più gettonata tra chi si bucava e, per chi poteva permetterselo o comunque aveva un grande spirito d'avventura, Ibiza era una delle mete d'obbligo, come, più recentemente, la moda consigliava Amsterdam, per chi voleva andare a sballarsi con un po' di "fumo".
Il film di Schroeder non è esente da difetti, ma descrive bene il percorso del giovane tedesco, che in breve trascorre da un'estate di sole e amore a un inverno di freddo e morte: Stefan se ne va, con la siringa piantata nel braccio, come (e con) un cane. More, stupendamente fotografato da Nestor Almendros ed accompagnato dalle musiche dei Pink Floyd (tra le quali spicca, come ha fatto giustamente notare su questo sito Fabio1971, The Nile Song, una delle mie preferite del gruppo inglese), resta uno dei testi fondamentali di una stagione importante del cinema, quella che, dall'estate dell'amore, si è incanalata sul binario della fuga dalla realtà, con destinazione finale l'autodistruzione.
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