Regia di Fabrice Du Welz vedi scheda film
presenti spoiler
Ancora una volta voglio premiare un giovane regista che dimostra di avere coraggio, originalità, mestiere e amore per il cinema che lo ha preceduto.
Calvaire solo apparentemente può sembrare un thiller-horror permeato dalla follia, quanto è piuttosto una spietata analisi (e certamente condanna) di un certo mondo rurale, quello delle piccolissime comunità montane formate da uomini senza donne a stretto contatto solo con i propri animali.
Andiamo per ordine. Calvaire riesce nei primi 10 minuti ad utilizzare tutti i tipici clichè dell'Horror: il bosco, il buio, la macchina che si ferma, la taverna dove alloggiare, il matto. Per circa mezz'ora si va avanti molto lentamente in un'atmosfera via via più tesa che semba possa portare ad un possibile torture porn nella parte finale. Ecco che invece avviene il colpo di scena, già a metà film. Il taverniere (un ottimo Jackie Berroyer) comincia ad identificare nel giovane protagonista (maschio, ricordiamo) la sua ex compagna, fuggita anni prima, tanto da arrivare a vestirlo come lei dopo averlo stordito e poi legato. Riferimenti lampanti all' Hitchcock di "Psycho" o di "Rebecca, la prima moglie". Lo spettatore è colto alla sprovvista, tutto ciò sembra impossibile, assurdo, irreale. Quando poi scopriamo che l'intero paese cade in questa specie di ipnosi collettiva, il senso di smarrimento è totale. Il fatto è che la moglie del taverniere era l'unica donna della comunità e la sua fuga ha portato l'intero paese (una quindicina di persone) a vivere una vita senza donne in cui il sesso è consumato addirittura con le bestie. L'arrivo del giovane protagonista- perdipiù figura piuttosto ambigua e poco maschia fin dall'inizio- ha stimolato le menti ormai abbruttite dei contadini, che vedono nel giovane una figura completamente diversa da loro. C'è un richiamo anche allo straordinario Cane di Paglia in questo. La pellicola sembra tremendamente misogina ma io più che odio verso la donna parlerei paradossalmente di forte mancanza di essa. L'assurda, incredibile scena del bar è forse quella decisiva. Scopriamo finalmente che il paese è composto solo da uomini- simili a bestie anche nelle fattezze- e la notizia data dal taverniere circa il ritorno della moglie fa probabilmente scattare la scena della danza, talmente da incubo e surreale che in confronto Lynch sembra un naturalista. E' come se quelle persone fossero un unico, gigantesco animale appena risvegliato sessulamente. Tutto il resto conta poco, la pochezza del protagonista è sovrastata dalla denuncia che l'ottimo regista ci vuol sbattere in faccia. Chi ha letto qualcosa del grande scrittore di inizio secolo, il senese Federigo Tozzi, ritroverà molte tematiche, certo qua portate all'estremo. Non so se Calvaire sia un piccolo gioiello, francamente lo reputo uno dei piccoli film più coraggiosi, allucinati e cinici che mi sia capitato in questi ultimi anni.
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