Regia di Fabrice Du Welz vedi scheda film
Un horror di quelli che, almeno per una buona metà, inquietano più che terrorizzare. In questo, è davvero bravo il regista a sfruttare gli scenari naturali di un Belgio rurale e innevato che, ormai nel terzo millennio, offre ancora i paesaggi dipinti da Pieter Bruegel il vecchio.
Mano a mano che il film procede, la tensione creata si trasforma in puro orrore, laddove un caso clinico nasconde la follia di una sorta di villaggio popolato da uomini che hanno movenze zombesche ed istinti bestiali.
Quando, nel finale, c'è da tirare le fila della storia ed è ormai difficile per gli sceneggiatori inventarsi soluzioni originali, Du Welz è di nuovo bravo a farsi aiutare dalla scenografia delle Hautes Fagnes (riserva naturale che si estende tra Spa in Belgio e Simmerath in Germania), spettrale e ancora più ispirata cinematograficamente all'opera dello stesso Bruegel e a quella del Bosch più mostruoso e inquietante.
Pur richiamandosi a modelli conosciuti, il regista offre al cinema horror uno sguardo inedito su ambienti in questo ambito poco conosciuti, ma che non sfigurano di fronte a quelli messi in mostra da film, prevalentemente americani, considerati di culto in tutto il mondo (come Non aprite quella porta).
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