Regia di Jean-François Richet vedi scheda film
Non so se questo film possa essere etichettato con quel preciso termine con cui vengono definiti i polizieschi-noir francesi ("Polar"), ma una cosa è certa: si tratta di un gran bel film. Appassionante e coinvolgente, un bell'action-gangster movie a cui non manca nulla, recitato da un Vincent Cassel mai visto così in forma e diretto con mano sicura da Jean Francois Richet, senza sbavature e senza tempi morti. Singolare la distribuzione del film in due tempi diversi e in due diverse pellicole, alla ragionevole distanza di un mese l'una dall'altra. Credo che il film piacerà, ha i numeri per piacere sia al pubblico delle multisale sia ad una buona parte del pubblico più selettivo dei cinefili. La storia (verissima) è quella di Jacques Mesrine, gangster spietato e balordo. Ne vengono raccontate le gesta violente ma ne vengono evidenziate anche le batoste da lui subite (in un carcere di massima sicurezza fu quasi massacrato da un regime detentivo durissimo). Ma, nel complesso, lo sguardo del regista su Mesrine è piuttosto equilibrato, nel bene e nel male. Nel senso che le sue sanguinarie imprese vengono messe in scena con l'enfasi di un action movie e dunque senza attribuire ad esse alcun sapore epico-anarchico, anzi ne risulta alla fine il ritratto di un uomo collerico, lunatico, machista, con rari sprazzi di umanità (forse solo coi piccoli figli, visto che anche con gli anziani genitori è di poche -e crudeli- parole). Sconcertante ed oscuro il suo lato misogino: basta vedere di che cosa è stato capace nei confronti della povera moglie che lo amava tanto e che gli aveva dato tre figli, riservandole un trattamento così crudele da apparire disumano. Per restare nel campo femminile, è curioso il rapporto che egli instaura con Jeanne, la sua compagna di scorribande delinquenziali. Nell'esatto attimo che la vede per la prima volta, scatta in lui un misto di desiderio sessuale e di corto circuito adrenalinico, perchè realizza all'istante che lei e lui sono fatti della stessa pasta, cioè spietatezza e violenza senza orpelli morali. Gran bella coppia. Banale e scontato finchè volete, ma non si può non citare Bonnie & Clyde. C'è chi, per definire i tratti del protagonista, lo ha equiparato al nostro "Renatino" Vallanzasca. Beh, l'accostamento mi pare inappropriato, perchè a quanto ne so il nostro Renato qualche aspetto di fascino picaresco ce l'aveva e qualche mezza idea di simpatia spavalda faceva capolino da certe sue esternazioni provenienti dal carcere. Ebbene, almeno a giudicare dal film, Mesrine di simpatia ne emana ben poca o, se c'è, è ben nascosta dietro il suo ghigno violento, espressione di una sbruffonaggine che non è coraggio ma solo l'incoscienza di chi vuole spaccare il culo a tutto il mondo (infatti il film ce lo mostra mentre si butta a capofitto in imprese impossibili). Può anche essere che qualcuno individui nel suo stile vagamente "guascone" una parvenza di simpatia, ma a me l'idea di un personaggio del genere mette solo i brividi, talmente è incapace di qualsiasi ragionamento di minimo buon senso, succube com'è del fascino del Male, del delinquere, del punire, del vendicare. E collegandomi alla sua degna compagna Jeanne, fa quasi impressione che una donna possa innamorarsi di un uomo simile, e ciò risulta comprensibile solo nell'ottica di una comune visione della vita (anche se, nel corso di una drammatica telefonata che Mesrine -fresco d'evasione- le fa raggiungendola in carcere, notiamo che lei è comunque più fragile di lui). Esiste una vasta letteratura sui personaggi "mariuoli". E del resto è noto che in ogni campo (cinema, teatro, tv) quella del "bandito" è una figura che funziona sempre; ci sono due nomi che nel nostro immaginario prevalgono sugli altri: Robin Hood e Arsenio Lupin. Però, attenzione, costoro nulla hanno a che spartire con Mesrine, e vediamo il perchè. Per quanto concerne Lupin, facciamo presto a sbrigarci: Mesrine col celeberrimo bandito-gentiluomo non aveva in comune nemmeno la suola delle scarpe: eleganza e raffinatezza zero. Robin Hood, lo sanno anche i bambini, "rubava ai ricchi per donare ai poveri". E qui aggiungiamo che dal punto di vista politico-sociale la figura di Mesrine si presenta estremamente ambigua e di difficile lettura. Appena tornato, col congedo in mano, dal fronte di guerra dell'Algeria, Jacques Mesrine mette le basi della sua leggendaria carriera proprio prendendo contatti con un losco (è un eufemismo!) personaggio collegato alla'O.A.S., una organizzazione paramilitare di stampo chiaramente fascista. Ed è anche vero che nel film lo vediamo stringere forte amicizia con un esponente del "Movimento per l'Indipendenza del Quebec" che francamente non ho nessuna idea di come sia schierato politicamente. Ma le cronache soprattutto ci informano che (nel primo film questo ancora non lo si vede) durante un'altro soggiorno in carcere si legò strettamente ad uno dei capi delle B.R. francesi (il movimento "Action Directe"), che poi divenne suo braccio destro. Come si vede, impossibile inquadrarlo politicamente. Tuttavia, pare che le sue leggendarie gesta abbiano avuto pesante influenza seduttiva sui b-boys che hanno infuocato la rivolta delle banlieu parigine (influenza secondo me colta a sproposito, in quanto non riesco a scorgere nelle "mosse" di Mesrine proprio nulla che riconduca all'anarchismo libertario). Dunque qualsiasi ipotesi di perseguimento di ideali di giustizia sociale va a farsi benedire e Robin Hood lasciamolo perdere.
E' bene chiarire che il taglio registico scelto da Richet non ha nulla a che fare con la ricostruzione certosina dei fatti in chiave di cronaca documentaristica, ma al contrario è un taglio dinamico, che evidenzia un ritmo mutuato dal cinema action americano. Dunque molto più Romanzo che Documentario, perfettamente in linea con una vita "spettacolare" quale è stata in effetti quella di Jacques Mesrine. Ed ora veniamo ad un validissimo cast, non senza aver prima sottolineato l'ennesima conferma dell'ottimo stato di salute del cinema francese (intendo a livello di qualità, perchè sotto il profilo economico immagino la crisi non trovi immune nessuna nazione). E per stavolta lasciamo perdere le comparazioni col nostro cinema, che ci indurrebbero solo amarezza. Soliti discorsi sugli attori francesi, bravissimi come sempre, da Cècile De France a Gerard Depardieu (qui nelle vesti di un criminale di aspetto disgustoso e di modi ripugnanti). E Vincent Cassel? beh, senza bisogno di attendere il secondo dei due film, penso si possa già osservare che una sua candidatura agli Oscar sarebbe stata più che legittima. Cassel, secondo me, è a torto ritenuto (probabilmente aiutato dall'aspetto) una specie di "bestione", mentre invece si tratta di uno dei migliori attori che la cinematografia francese possa oggi esprimere. In ogni caso, in questo film, la sua prova è immensa: ci sono dei primi piani sul suo viso in cui i suoi occhi ci dicono più delle parole ed esprimono con un solo sguardo tutta un' esistenza spesa all'insegna del gusto per la violenza. Le immagini che scorrono sui titoli di testa valgono da sole il prezzo del biglietto: circa 5 minuti di un tesissimo, affascinante, strepitoso "split-screen", in cui ci viene praticamente anticipata la fine di tutta la vicenda. A proposito di attori: a giudicare dal trailer, il secondo film dovrebbe essere anche superiore al primo, visto che entreranno in scena ottimi attori come Ludivine Sagnier (che in questo primo film si vede solo per pochi secondi) e soprattutto uno straordinario Olivier Gourmet (nei panni del commissario che non darà tregua a Mesrine). Da segnalare poi un montaggio veramente efficace che garantisce un'ottima tenuta del ritmo del film (che, va detto, dura quasi due ore!). Ci sarebbe poi una piccola riflessione che mi permetto di fare sul cinema d'azione francese (e non solo francese); chiaro che il primo nome che viene in mente è quello del solito Luc Besson. Ecco, Richet ci dimostra che si può mettere in scena un film d'azione (in questo caso un gangster-noir) senza (finalmente!) riprodurre l'universo grezzo, pesante, banale, privo di sfumature, che caratterizza da sempre lo stile bessoniano. (Besson ha fatto -a mio avviso- tanto male al Cinema). Vorrei concludere rilevando la particolare abilità del regista nel raccontare luci (poche) ed ombre (tante) di una vita che Mesrine stesso ha messo in scena come uno spettacolo. Un personaggio assolutamente interessante. Interessante sì, affascinante no: non ci può essere alcun elemento di seduzione nella vita di un bastardo violento e assassino. Un solo dilemma: capolavoro o "quasi" capolavoro? Ci devo pensare.
Voto: 10
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