Regia di Udayan Prasad vedi scheda film
Di questo The yellow handkerchief ci sono varie cose che non mi hanno convinto: la prima è il titolo, perché è uno spoiler. E di questo si comincia ad avvertire la puzza all'incirca a metà film. La seconda è il finale, ma non intendo aggiungere spoiler a spoiler quindi dirò semplicemente che non mi ha convinto (ma potrebbe essere un problema mio, con certi tipi di finali).
Eppure ci sono cose positive nella prima metà del film che mi hanno affascinato. Anzitutto la cruda semplicità di un William Hurt trasandato e imbolsito che, confesso, avevo un po' paura di scoprire. Mi affascinano tutti i personaggi maschili dalla scorza un po' indurita ma nonostante tutto sinceri, e che si sono arresi alla (loro) vita. Ma in generale mi sono piaciuti tutti gli attori, da una Maria Bello particolarmente luminosa, nonostante i chiaroscuri del personaggio, all'attore che interpreta il ragazzo, Eddie Redmayne, che ho trovato a tratti ipnotico. Perfino la pupattola Kristen Stewart, che avevo visto solo in Into the wild dal momento che ho saltato a pie' pari la saga di Twilight, perfino lei non mi è dispiaciuta.
La regia non brilla particolarmente, e d'altra parte neanche la narrazione alternata ai flashback si distingue per originalità. Ma io adoro quel momento della storia in cui i flashback cominciano, adoro quello spaesamento in cui lo spettatore diventa completamente schiavo dell'immagine e il cervello ruota impazzito con gli elementi a disposizione per cercare di posizionare cronologicamente gli elementi di cui dispone. E in questo caso funziona: i piani temporali formalmente separati finiscono per fondersi e confondersi, e diventano l'unico elemento più forte e intenso, che è poi quello che è riuscito a convincermi. Ossia, il lento percorso che serve a delineare i tre personali vissuti emotivi e psicologici dei tre personaggi (senza contare Maria Bello): quest'uomo appena uscito di prigione (Hurt) che si trova per caso insieme a un ragazzo e ad una ragazza in un viaggio verso sud che diventa esperienza di formazione. Il colore li fonde e li separa, e in effetti non è solo un fazzoletto ad essere giallo, ma quasi tutto l'intero film, che si presenta sotto l'alternanza di due sole possibilità: il giallo del contatto (caldo) e il blu dell'isolamento (freddo), forse banale, forse troppo evidente ma in definitiva efficace.
Illuminante, per me, e decisamente riassuntiva dell'intero film, un'inquadratura a pochi minuti dall'inizio in cui Hurt tiene tra le mani un bicchiere di birra, birra light, come sottolinea alla cameriera. Acqua, giallo dello stesso giallo che pervade il film, racchiusa tra le mani nella stessa posizione di quando si è ammanettati. E però ora è libero, e in cerca del proprio personale 'calore' racchiuso tra le mani. Da quell'immagine fortemente simbolica partirà l'intera storia, col suo significato.
In definitiva non è un film eccelso, ma la storia dei caratteri dei personaggi credo abbia ancora qualcosa da raccontare a qualcuno.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta