Regia di Gianfranco Rosi vedi scheda film
Prima di affermarsi definitivamente con "Sacro GRA", Gianfranco Rosi aveva fatto incetta di premi filmando le precarie e stravaganti condizioni di sopravvivenza di un gruppo di dropout stanziatisi ai confini del mondo: "in una base militare dismessa e un poligono attivo, a 300 km da Los Angeles, 40 metri sotto il livello del mare, vive una comunità senza polizia, governo, elettricità, acqua...", queste le righe iniziali che introducono a una terra di nessuno. Rosi sceglie una regia invisibile e un realismo minimale che indugia troppo sui dettagli quando invece un soggetto del genere, a mio parere, ben si sarebbe prestato a una trasfigurazione visionaria e a una sintesi simbolica alla Herzog. Resta un docufilm interessante e ben realizzato, ma che soffre la carenza di quella tensione in grado di superare il dato meramente sociologico per alludere ad altre dimensioni: al surreale, al metafisico, all'allucinato o all'apocalittico. Rosi non ha fatto propria la lezione herzoghiana, si è fermato a Folco Quilici. Peccato.
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