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Giallo/Argento

Regia di Dario Argento vedi scheda film

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La recensione su Giallo/Argento

di alan smithee
4 stelle

Torino è sconvolta dalle gesta di un maniaco che, con le fattezze di tassista, carica in macchina belle ragazze, le tramortisce, e le segrega in un luogo fatiscente ed inaccessibile, sottoponendole a torture indicibili, che si concludono con la morte. Capita la stessa malaugurata sciagura alla splendida modella Celine, che ha invitato la sorella maggiore ed hostess, Linda, nella sua casa torinese per trascorrere assieme un week end.

Quest'ultima riesce a percepire da una chiamata che la sorella è in pericolo, e per questo viene in contatto con un esperto criminologo americano operativo nella capitale sabauda, esperto in rapimenti ed azione di maniaci, anche a causa di un vecchio trauma d'infanzia che lo rese testimone oculare dell'uccisione della madre.

Poco per volta i due riusciranno a delineare l'identikit del mostro, scoprendo che il nomignolo "Giallo" che le vittime hanno evasivamente affibbiato all'assassino, si riferisce ad una malattia che lo vede in cura presso un centro specializzato.

Argento pare voler tornare al giallo classico degli albori, e per questo non a caso sceglie di ambientare la vicenda nella amata Torino, teatro delle sue opere migliori.

Il film, coproduzione italico/Usa,Spagna Gb, ha subito pesanti vicissitudini economico-produttive che ne hanno minato certamente anche la qualità nel suo contraddittorio, problematico risultato finale: siamo dinanzi ad una operazione formalmente impeccabile, forte di tre star internazionali di un certo rilievo (Adrien Brody un po' svagato, Emmanuelle Seigner splendida, così come Elsa Pataky), che tuttavia appare soffrire di una conclusione affrettata in cui pare di veder affiorare tutte le traversie vissute, che ne hanno compromesso anche la regolare distribuzione in sala. 

Il trucco con cui viene descritto mostro (sin troppo presto, vanificando molto la carica di suspence), appare invece grossolano e posticcio, e sortisce un sentimento quasi più di compassione (probabilmente involontaria) che di paura o di disturbo.

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