Regia di Dario Argento vedi scheda film
La leggenda della morte di Dario Argento (o "DID", acronimo di "Dario Is Dead", come viene frequentemente citata), costituisce una delle più oscure e sottaciute verità degli ultimi trent'anni. Procediamo con ordine: la sera dell'1 febbraio del 1977, in occasione dell'anteprima ufficiale di Suspiria, Dario Argento era stato a cena in un famoso ristorante romano (da "Trotterello er bruschettaro", rinomato locale trasteverino). Terminato il pasto, il regista, accompagnato dalla compagna Daria Nicolodi, dal padre Salvatore e dal fratello Claudio (entrambi produttori di Suspiria), sale sulla sua scattante Abarth 112 color beige e si dirige verso la sala in cui è prevista la proiezione del film per i critici cinematografici. All'incrocio tra corso Italia e piazza Fiume, però, Dario, visibilmente alticcio, imbocca contromano il Muro Torto e si schianta contro un autobus: nell'impatto l'unico ad avere la peggio è proprio il regista romano, che, trasportato d'urgenza al policlinico Umberto I viene operato in gran segreto al cervello. Le lesioni alla scatola cranica, però, lo trasformano in un vegetale. In quel momento (sono le 21:52, la prima ufficiale di Suspiria è prevista alle 22:45) i parenti prendono una drastica decisione: trasportano in gran segreto Dario nella loro residenza di Friburgo e lo rinchiudono nei sotterranei della villa, mentre, contemporaneamente, inviano alla prima del film un suo sosia, utilizzato in passato dallo stesso Dario durante le interviste televisive per la promozione di Profondo rosso. L'uomo (Riccardo Testaverde, un fioraio di Civitavecchia), calatosi alla perfezione nel ruolo, riesce a tenere testa alle incalzanti domande dei giornalisti dopo la proiezione del film. Suspiria esce, così, nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, raggranellando consensi ed incassi strepitosi. Calmatesi le acque la claque di Argento deve decidere se ufficializzare la morte del regista o continuare nel "grande inganno", anche perchè su alcune riviste specializzate del settore viene pubblicato un articolo anonimo in cui si rivela che Suspiria sarà soltanto il primo tassello di una trilogia (confrontare Tv Sorrisi e Canzoni n. 31 del luglio 1978): la notte del 12 ottobre 1978, durante un sabba di streghe nella villa degli Argento a Friburgo, viene definitivamente presa la decisione ufficiale. Si continua, la trilogia va completata: l'unico che si accorge immediatamente della frode è George Romero, amico di Dario, che viene costretto al silenzio in cambio della cessione dei diritti di squartamento, il giorno in cui morirà definitivamente, del cadavere del vero Dario (per la cronaca, la morte reale del Dario vegetale avverrà il 13 marzo 1985 e i brandelli del suo corpo appariranno dilaniati da uno zombi nel film Il giorno degli zombi di Romero: il regista renderà, poi, il favore firmando in tandem col sosia di Argento, nel 1989, Due occhi diabolici). Nel 1980 esce il secondo capitolo della trilogia delle "tre madri", Inferno, interamente girato dal sosia. Nel 1982 seguirà Tenebre, che però, seppur girato da Testaverde, era basato su una sceneggiatura originale di Dario ritrovata nell'antro della Sibilla Cumana a Cuma, tra Pozzuoli e Bacoli (provincia di Napoli): il risultato, superiore alle aspettative, si spiega proprio con le qualità dello script, corredato da uno storyboard di millimetrica precisione (pubblicato nel 1982 sulla rivista Segnocinema) in cui Argento descrisse ogni movimento di macchina, compreso un funambolico piano-sequenza che entrerà nella storia. Testaverde, nel frattempo, si monta la testa: le lodi sperticate a Tenebre, infatti, lo illudono di essere veramente un maestro dell'horror e lui si lascia prendere la mano (nel senso che durante le riprese di Phenomena gli rimane incastrata nel ciak: gli verrà amputata d'urgenza in Svizzera). Phenomena, dicevamo: esce nel 1985, girato con una sola mano da Testaverde (e si vede) e denota un pauroso esaurimento dell'ispirazione (non a caso il film saccheggia impunemente brividi e suggestioni già evocati da Suspiria). Stranamente, però, il film gode di un insperato successo ai botteghini: segue, nel 1987, il mediocre Opera, la cui realizzazione risulta funestata da gravi incidenti (nel più serio di tutti Testaverde precipita da un palco del Teatro Regio di Parma, sede delle locations: perderà l'occhio sinistro). Della collaborazione con Romero si è detto: serve giusto ricordare che fu un'operazione alimentare, per la claque argentiana, che sperava di trarre nuova linfa dalla collaborazione col maestro statunitense. Nello stesso anno di Due occhi diabolici, il 1989, Testaverde si impunta per vedere riconosciuto il proprio status di maestro: come palliativa autocelebrazione gli viene concesso di aprire un negozio (il rinomato "Profondo rosso" di via dei Gracchi a Roma, con annesso, nei sotterranei, museo dell'orrore), grazie ai cui introiti può realizzare il suo prossimo lavoro, Trauma. Uscito nel marzo del 1993, girato negli ultimi mesi dell'anno precedente da un Testaverde senza una mano ed un occhio, costituisce la prima collaborazione tra lui e la figlia di Argento, Asia, ancora artisticamente acerba. Più che altro la colpa è di Testaverde: nel girare la sequenza dell'omicidio col filo di nylon, infatti, il regista si sega l'orecchio destro e, quindi, in fase di doppiaggio, non si accorge delle tonalità fastidiose della voce della giovane Asia. Poco importa: Testaverde prosegue per la sua strada. Una mattina dell'autunno del 1995, infatti, decide che è tempo di tornare a girare un bel "giallo" e di respirare nuovamente le atmosfere di Tenebre (indubbiamente il miglior film di Testaverde): indice un concorso tra i clienti del suo negozio "Profondo rosso" (chi gli proporrà la miglior trama e il miglior colpo di scena avrà un biglietto gratuito per l'anteprima del suo prossimo film), acquista i diritti di un libro trovato sul sedile di una sala d'attesa della stazione Termini (testo di Graziella Magherini: non si accorge, però, che al libro mancavano gli ultimi 4 capitoli) e realizza La sindrome di Stendhal. Durante l'ultimo giorno di riprese, però, Testaverde precipita da Ponte Vecchio a Firenze e si schianta la gamba sinistra su un barcone di passaggio sull'Arno. Senza un occhio, una mano, un orecchio e una gamba, Testaverde completa ugualmente la post-produzione del film, accorgendosi soltanto a lavorazione ultimata che l'attrice protagonista del film era nuovamente Asia Argento e non Nicole Kidman come aveva inizialmente preteso. Il film, inguardabile con entrambi gli occhi (ma con uno soltanto è possibile apprezzarne l'iperrealismo cromatico della fotografia), non riscuote molto successo: Testaverde sceglie, allora, di tornare all'horror e di girare il film della sua vita. Tratto dall'immortale capolavoro di Gaston Leroux, Il fantasma dell'Opera si rivelerà, però, clamorosamente abominevole. La colpa del fiasco va imputata sicuramente al boicottaggio operato dalle associazioni per la salvaguardia dei diritti degli animali: durante le riprese, infatti, ad Asia Argento e a Julian Sands venne servita per pranzo carne di topo cruda anzichè bollita come consuetudine. La notizia fece scalpore in tutto il mondo, anche la Walt Disney Company protestò vibratamente con il governo italiano per la barbarica usanza (di origine creola, spiegherà in seguito Testaverde). Risultato? Sale cinematografiche deserte ed incassi men che risibili. Dopo un silenzio durato tre anni, Testaverde parte con un nuovo progetto, Nonhosonno, frutto delle numerose crisi d'astinenza da barbiturici del regista: un film che, nonostante qualche discreta sequenza (l'omicidio della prostituta in treno, virtuosistica scena girata, però, da Max Von Sydow, uno degli attori coinvolti nel film, come rivelato da Marco Giusti nel suo fondamentale libro Il dottor Jekyll de Noantri, ovvero: l'altra faccia dell'argento. Il cinema horror italiano tra la seconda guerra mondiale e il secondo e ultimo, per fortuna, scudetto della Lazio), si rivela, comunque, meno avvincente delle previsioni. Il peggio, però, deve ancora arrivare: nella primavera del 2003, infatti, Testaverde, elettrizzato dalla visione di un episodio della serie tv Distretto di polizia, decide di realizzarne la versione cinematografica. Dopo 7 mesi di lavorazione la sceneggiatura del nuovo film, Il cartaio è pronta ed il casting ultimato: durante le riprese dell'omicidio di Silvio Muccino, però, Testaverde rischia di affogare nel Tevere. Si salva per miracolo, ma perde l'uso del polmone sinistro, senza contare che alcuni seri problemi alle corde vocali gli impediranno, per sempre, di pronunciare le lettere "C", "F" e "P". Il film si rivela l'ennesimo flop. Testaverde, allora, decide di cambiare nuovamente genere: si ricorda, infatti, che tutta questa storia era iniziata perchè doveva girare la trilogia delle "tre madri". Come poteva mancare, quindi, il terzo capitolo? La terza madre esce nelle sale la sera di Halloween del 2007: scherzo del destino volle, però, che Testaverde, durante la premiere capitolina, subisca il furto della gamba destra da parte di alcuni bambini mascherati da Mater Lachrymarum. Inutile dire che il film sarà un fiasco di proporzioni colossali (2 ore e 45 minuti di fischi, pernacchie, piriti, più un cd intero inciso da Ligabue, salutarono la fine della proiezione per la stampa). A questo punto c'era un'unica strada da percorrere: la resa. Senza una mano, un occhio, un orecchio, un polmone, tutte e due le gambe e con seri problemi alle corde vocali, Testaverde, però, non si arrende. "Voglio dei divi per il mio prossimo film", urla ai produttori berlusconiani della Medusa, "se no il film ve lo fate da soli!": di fronte a questo aut aut la Medusa lo licenzia in 23 secondi netti, nuovo record mondiale. Senza una mano, un occhio, un orecchio, un polmone, tutte e due le gambe, con seri problemi alle corde vocali ed ora anche senza un produttore, Testaverde continua a non arrendersi: "Voglio tornare al giallo", dichiara sulle colonne di FilmTv intervistato da Aldo Fittante, "con divi famosissimi, colpi di scena mozzafiato, effetti speciali raccapriccianti, morbidi movimenti di macchina, colonna sonora tambureggiante, voglio tornare a far vibrare le corde della suspense e scorrere brividi di paura lungo la schiena degli spettatori". "E chi sei, un mago?", gli risponde Fittante. Scovato in una sperduta biblioteca molisana un trattato medievale sull'itterizia (il famoso De ittero di Scribonio Palone), Testaverde realizza la sua ultima fatica, Giallo. Contatta due divi del calibro di Adrien Brody ed Emmanuelle Seigner, che accettano entusiasti (talmente entusiasti che proprio oggi, 21 ottobre 2010, Adrien Brody ha fatto causa ai produttori del film per non avergli corrisposto il compenso pattuito), e si lancia anima e corpo nelle riprese del film, ambientato a Torino. Si lancia, però, un po' troppo forte, infatti si schianta (solo il corpo, "l'anima non esiste", dichiarerà spiritosamente alla stampa dopo il suo ricovero all'ospedale Molinette) sotto un taxi che dal Teatro Regio avrebbe dovuto condurlo al gazometro dove erano previste le riprese della sequenza-chiave del film: perde l'uso delle sopracciglia ma non si dispera: completa le riprese e, convinto che uscirà nelle sale, scopre che nessun distributore ha la benchè minima intenzione di acquistare il film. Deluso, triste, ormai solo come un cane, Testaverde si consola con l'uscita del film in dvd: per lo meno il film sarà visibile dal suo pubblico. Arrivati a questo punto, però, Testaverde medita la vendetta: decide, infatti, di vuotare il sacco e racconta in diretta tv a Federica Sciarelli il "grande inganno" perpetrato ai milioni di fan di Dario Argento sparsi nel mondo. L'opinione pubblica, incredula, chiede testimonianze e dimostrazioni: Testaverde non si scompone e porta a suffragio delle sue affermazioni alcune prove inequivocabili. E così si scopre, finalmente, che ogni goccia di plasma impiegato nei film di Testaverde apparteneva a Dario Argento (confr. prova del DNA del 19 dicembre 2009), che l'ombra oscura e minacciosa che si intravede sulla locandina di Trauma corrisponde alla lapide della tomba di famiglia degli Argento nella basilica di Sant'Apollinare a Roma, dove è sepolto segretamente Dario accanto ad Enrico De Pedis della banda della Magliana e che, infine, la mano con la lametta conficcata nel palmo che appare sulla locandina di La sindrome di Stendhal corrisponde proprio alla mano originale di Riccardo Testaverde, perduta ai tempi della lavorazione di Phenomena. Ancora oggi qualcuno si ostina a ritenere tutta questa incredibile faccenda, che è stato possibile raccontarvi grazie ad un meticoloso lavoro di ricerche bibliografiche (compresa la consultazione di alcuni testi della biblioteca segreta degli Argento nella loro villa di Friburgo), come un'enorme ed ingenerosa mancanza di rispetto nei confronti di "uno dei più grandi maestri del cinema italiano di sempre". La verità, purtroppo, fa molto male. Giallo, invece, è ancora peggio... Perchè? Vi basta una sola battuta di dialogo? Tu sei una vittima, rapita e toturata da un barbaro serial killer, stai per morire, ci sono i cadaveri di altre vittime per terra accanto a te, nessuno ti troverà mai, nessuno sa che stai per essere uccisa e potrà venire a salvarti, l'assassino ti rivolge la parola e tu che cosa gli urli? "Sei brutto!"...
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