Regia di Gillian Armstrong vedi scheda film
Ossessionato dal desiderio di provare il soprannaturale con metodo scientifico, il grande Houdini mette in palio 10 mila dollari come premio a chi scoprirà le ultime parole che la sua amata madre gli avrebbe affidato in punto di morte. Miele per quella schiera di medium e chiromanti - veri e propri benefattori sociali – che, oggi come allora, prestano la propria “arte” al servizio delle (auto)illusioni. Tra loro c’è anche Mary McGarvie (un’improbabile Zeta-Jones), un po’ Vanna Marchi (dei ricchi) in odore di redenzione, un po’ sensitiva alla Whoopi Goldberg in versione Ghost, in ogni caso cinica alpinista sociale che però soccombe davanti al principe azzurro (poteva forse mancare?). Al termine di una carriera costruita sulle illusioni, Houdini sente infatti il bisogno di «qualcosa di vero» e per questo ingaggia una sua guerra personale contro gli imbonitori televisivi di ieri. Un po’ come se Robin Hood desse lezioni di “appropriazione debita”. Il che sarebbe anche interessante se non fosse che il film è, al contrario, quanto di più artificiale, macchinoso e poco credibile si possa immaginare. Un fondo di magazzino (non a caso) stagionato di due anni che ambisce (forse) a far presa sul desiderio di demistificazione e autenticità ovunque invocato. Ma non vorremmo davvero sopravvalutarlo troppo. Imbarazzante.
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