Regia di Berengar Pfahl vedi scheda film
Tratto dal best seller omonimo di Zhou Wei Hui, Shanghai Baby rischia di passare alla storia solo per essere la prima coproduzione cinematografica cino-tedesca. Nella vicenda di Coco (Bai Ling), aspirante scrittrice che vive la sua vita come se fosse un romanzo, tutto è enunciato da una voce fuori campo che il doppiaggio italiano peggiora oltre ogni dire. Divisa tra un pittore impotente e un manager tedesco ipersessuato con moglie e prole a carico, Coco c’informa dei suoi processi emotivi e intellettuali («quando ballo la mia ispirazione letteraria si libera», tra le tante perle) e discetta di Milan Kundera (la leggerezza dell’essere). Da qualche parte ci dovrebbe essere una riflessione sulla Cina contemporanea divisa fra tradizione e modernità. Ma non si vede. Distribuito in digitale dalla Delta Pictures, operazione interessante che dovrà fare i conti con l’inadeguatezza delle sale italiane (uno spettatore sulle prime immagini esclama verace: «Sembra n’episodio de Derrick!»), Shanghai Baby è incentrato su Bai Ling che produce esecutivamente e si mostra con generosità. Il resto, se ce ne fosse, è softcore al neon. Per dirla con Coco: ah, l’insostenibile pesantezza delle coproduzioni neoespansionistiche!
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