Regia di Philipp Stölzl vedi scheda film
Il recente cinema tedesco rivisita la (propria) Storia come è avvenuto, per esempio, in La banda Baader Meinhof e nell’inguardabile Jud Süss, presentato in concorso all’ultima Berlinale. North Face prova a spingersi oltre combinando la ricostruzione (il film è tratto da una storia vera) con i salti nel vuoto in uno scenario che ha sedotto anche Eastwood. Nello stesso anno, il 1936, in cui Leni Riefenstahl filmava i Giochi olimpici di Berlino, due scalatori, Toni Kurz e Andi Hinterstoisser, cercavano di scalare la parete Nord dell’Eiger. La macchina da presa si arrampica sulla montagna come nel documentario La morte sospesa e si ha, per un attimo, finalmente l’impressione di assistere a qualcos’altro. Questa fisicità (il vento, la tormenta) è però più volte interrotta da un descrittivismo didascalico prima, da rappresentazioni troppo appesantite del Terzo Reich tra cene e ricevimenti poi, da una colonna sonora che sovrasta i suoni della natura alla fine. Johanna Wokalek, prima di La papessa, appare eroina appassita da statico melodramma. I segni soggettivi del pericolo herzoghiano sono irraggiungibili ma Stölzl ha qualcosa del Wolfgang Petersen prima maniera. Anche se talvolta perde quota.
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