Regia di Howard McCain vedi scheda film
Ci voleva un film che rinnovasse l'onore dei vichinghi umiliati dal pessimo Pathfinder di Marcus Nispel. Outlander appartiene al sottofilone dell'action movie transgenerico che ibrida tutto il possibile. Un astronauta compie un atterraggio di fortuna nella Norvegia del 700 d.C. (più o meno). Catturato dai guerrieri cornuti, rischia di fare la fine dell'uomo chiamato cavallo. Il suo valore, però, lo pone a capo della spedizione che bracca il Morween, sanguinaria creatura polimorfa che il nostro eroe, convinto di inseguirla negli spazi infiniti, ha ospitato invece inconsapevolmente nella sua navicella scatenandola così contro i norreni. Accennando ad Alien ma proseguendo come un Predator filtrato alla luce di Beowulf, Outlander, che nel titolo richiama le avventure degli immortali dell'altipiano, s'aggancia al calco del 13° guerriero di McTiernan ma non assurge alla possanza miliusiana anche se Ron Perlman, tatuato e dalla voce tonante, legna i suoi nemici armato di due enormi martelloni come il feroce e indimenticato Sven-Ole Thorsen di Conan il barbaro. Ovviamente il Braveheart giunto dalle stelle, la cui corazza tanto immacolata non è (il trauma dell'Iraq è vivo...), appartiene alla schiatta degli uomini che vollero farsi re, ma per ascendere al trono c'è sempre un prezzo da pagare. Outlander, western iniziatico che intreccia Robert E. Howard e James Fenimore Cooper ma che poteva essere anche una storia di Zagor, è un buon esempio di cinema digitale dal cuore analogico. Howard McCain mena il racconto con brio e impedisce che il montaggio iperveloce confonda l'azione evitando così che i protagonisti si riducano a caricature. L'unica pecca di Outlander è il florilegio stesso di echi e citazioni che neutralizza in parte i twist del racconto. Peccato poi che la colonna sonora non sia stata affidata a band viking metal come Enslaved, Unleashed o Tyr: ne avremmo sentito delle belle!
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