Regia di Gianni Di Gregorio vedi scheda film
Mesta e disillusa vita di un uomo qualsiasi, che fa del nichilismo il suo credo. Il minimalismo nella caratterizzazione e nella scrittura e delicatezza del tratto creano un mix apprezzabile.
Opera prima che dimostra il talento intimo e peculiare di Gianni Di Gregorio. Il minimalismo del vivere quotidiano tempestato di sentimenti, necessità, opportunismo e nichilismo tutti insieme nella figura di un uomo sposato con l’alcol e che di mestiere, e per di più con una certa nonchalance,fa il perdigiorno. Un “impunito” si direbbe a Roma. Ed è proprio questo aspetto, nella caratterizzazione della sua innocua e pervicace maschera, che rende il protagonista una figura tutto sommato innocente e bonaria, nonostante sia un alcolizzato, fancazzista e anche un po’ stronzo. Con la prossemica da eroe sconfitto, ma mai domo, il personaggio interpretato da Di Gregorio non riesce a farsi odiare, ma nemmeno a compatire: il suo è un ruolo sociale ricavato dal vuoto delle altrui esistenze, che si regge sulle macerie di una generazione sconfitta e da qui riesce a sviluppare uno spirito di sopravvivenza attorno a cui prende vita, magistralmente, la sua arte d’arrangiarsi. Ma non è né un profittatore, né un disonesto e per questo lo spettatore non può che patteggiare per lui.
Prodotto da Matteo Garrone, premiato col David di Donatello come migliore opera di un esordiente.
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