Regia di Tito Schipa jr. vedi scheda film
I musical italiani si contano sulle dita di una mano. Questo è il caso più unico che raro di un adattamento prima televisivo e poi cinematografico di un musical teatrale italiano (opera rock, per la precisione), ed è l’apice della carriera di Tito Schipa Jr, anima e corpo di questa rivisitazione dell’immortale storia di Orfeo ed Euridice ai tempi della contestazione generale. Scorre nelle vene dell’opera il Sessantotto più spudorato e libertario, naturalmente contagiato anche dal germe della droga: Euridice, infatti, scende negli inferi della tossicodipendenza, e il suo Orfeo scende tra le fiamme per riportarla a sé.
Più struggente a parole che nei fatti, è probabilmente un’operazione poco riuscita per un eccesso di ingenuità e di sperimentalismo: parte con un’irruzione in sala d’incisione quasi metacinematografica (e spesso subentrano questi echi nel corso del film), prosegue con delle sequenze minimaliste ma funzionali (questioni di budget, penso, anche se la committente RAI dell’epoca sapeva essere cento volte più coraggiosa di quella di oggi) che anticipano certe atmosfere Jesus Christ Superstar e Hair, raramente ricorre al dialogo in un trionfo di canzoni magari non memorabili ma dignitose.
Non sempre lineare, spesso frastagliato e qualche volta senza il giusto ritmo, è comunque un film apprezzabile perché originale, diverso e controcorrente rispetto alla produzione italiana, i cui difetti non gli hanno impedito di assurgere al rango del culto (c’è anche lo zampino di Marco Muller, che lo volle come evento di chiusura di una sua Mostra di Venezia) forse pure per questa sua essenza scapigliata e scapestrata. Ha almeno un personaggio da ricordare: il venditore di felicità (lo spacciatore) di Renato Zero. Compaiono Loredana Bertè nel coro e Edoardo Nevola (il bimbo di due film di Pietro Germi); collabora Bill Conti, futuro premio Oscar. Datato sicuramente (inevitabilmente sessantottino), ma da riscoprire, nonostante tutto.
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